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Biaggi dopo la vittoria: ‘La Honda 4T? Se va male si arriva secondi…’

Il pilota ha festeggiato con i tecnici Yamaha il secondo successo stagionale in Malesia: “Se fosse stato per loro non ci saremmo mai separati”. “Per Checa la M1 era pronta l’anno scorso a Brno…”

Dopo avere festeggiato la seconda vittoria stagionale in sella alla M1 in un ristorante di Kuala Lumpur con lo staff giapponese della Yamaha, Max Biaggi ha colto l’occasione per precisare la sua situazione in seno alla squadra che lascerà tra poche settimane e per delineare le prospettive in vista della prossima stagione che lo vedrà correre, da “cliente”, con la sponsorizzazione della Pramac, su una Honda RC211V.
“Sono felice di avere dedicato ai miei tecnici questa seconda vittoria – ha dichiarato il romano dalla piscina dell’hotel malese dove si tratterà fino a domani prima di partire per l’Australia -. Il nostro rapporto è sempre stato e continua ad essere fantastico e se fosse stato per loro non si sarebbe arrivati alla separazione. Quest'ultima è stata frutto di una cattiva gestione, ma, ripeto, non da parte di quel settore della Yamaha".
Evidentemente il pilota non ha ancora mandato giù l’affronto subito a inizio agosto, quando la Yamaha decise la fine del loro rapporto di lavoro confermando invece il compagno di squadra Carlos Checa. Tra i due, divisi anche da convinzioni spesso opposte sullo sviluppo del progetto M1, i rapporti non sono idilliaci e Biaggi, forte della netta superiorità dei suoi risultati in pista, si toglie un fastidioso sassolino dalla scarpa: “La M1 adesso è competitiva e ne sono solo felice. Semmai il rammarico è di non averla avuta così fin dall'inizio. Ma probabilmente sono stati tratti un po' in inganno dal fatto che ad agosto 2001 Checa, che aveva effettivamente girato forte a Brno, diceva che la moto era pronta così, che bastava lavorare sulle sospensioni... Io ero molto preso dalla lotta per il titolo in quel momento e non ho girato molto con la M1. Avevo detto quali erano i punti da migliorare ma siamo dovuti arrivare alla prima gara per toccare con mano la realtà. Ora, Almeno, qui a Sepang, lottando con le Honda, mi sono reso conto che il livello è simile”.
Peccato forse lasciare propri adesso la M1: “No, perché l'alternativa è una moto che quest'anno, se ti va male, arrivi secondo”, chiarisce subito il romano.
La prospettiva di correre nel 2003 con una moto “clienti” contro le RC211V “ufficiali” di Rossi, Kato e – quasi certo – Hayden per il momento non lo preoccupa: “No, non ci penso, non ci speculo, non mi importa. Ho fatto questa scelta in maniera consapevole e ne sono molto felice. Sto attraversando un momento particolarmente sereno e nello stesso tempo sento dentro di me una grande motivazione. L'obiettivo di vincere il campionato è una molla fortissima. E' per questo infatti che, nonostante la validità del progetto Ducati, ho scelto l'alternativa Honda. Non volevo un altro mezzo da dover sviluppare, per quanto accattivante fosse l'opportunità di correre per una casa come la Ducati".
Biaggi del resto non ha ancora definito la squadra per la quale correrà nel 2003: le voci del paddock lo danno in bilico tra Pons e D’Antin ma prima di queste decisioni vengono le gare ancora in programma nel motomondiale: Phillip Island il 20 ottobre e la finale di Valencia il 3 novembre: “Il prossimo circuito, Phillip Island, è uno dei miei preferiti quindi spero di fare anche lì una bella gara anche se, nonostante la recente vittoria, tengo i piedi ben piantati per terra- conclude Biaggi- . La battaglia di ieri infatti è stata durissima e sarà sicuramente così anche nelle prossime perché ci sono forti motivazioni in giro, per varie ragioni. La pista australiana comunque è speciale, molto tecnica, con curve velocissime e diversi cambi di inclinazione. Mi piace e, se riusciremo a lavorare bene da subito e a trovare un set up adeguato, le uniche incognite saranno il tempo e il vento che a spesso è talmente forte da risultare pericoloso".

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SUZUKA - Max Biaggi sgomita e Valentino Rossi lo sbeffeggia dopo averlo sorpassato: il motomondiale classe 500 parla italiano, ma è una lingua infarcita di parole pesanti tra i due rivali della classe regina. E le scintille continuano dopo la gara, con reciproce accuse di scorrettezza. Gli sguardi di Rossi e Biaggi, grandi protagonist del Motomondiale, difficilmente s’incrociano nel paddock. Forse perchè gli occhi del pesarese sprizzano vivacità e si proiettano ovunque mentre quelli scuri del romano puntano sempre un obiettivo e raramente divagano. In pista, però, i due si vedono benissimo. S’incontrano e si scontrano. È bastato qualche giro di pista per riaccendere anche in gara la rivalità: al quinto passaggio sul rettilineo, Biaggi allarga il gomito verso Rossi che tenta di recuperarlo, e il pesarese finisce con le ruote sulle strisce di terra. Poi giro successivo, quando supera il rivale romano, Rossi alza il dito medio, inequivocabile. «È stata una gara che mi ha lasciato soddisfatto - dice alla fine Biaggi - e che è stata nella media delle mie aspettative. Da questo momento in poi posso solo migliorare. Anche perchè oggi non ero del tutto a posto con la moto e qui a Suzuka la cosa più importante è guidare in sicurezza». E cosa è successo - la domanda inevitabile - quando si è sfiorato con Rossi, con un gomito uscito un po’ fuori dai margini della carena? «Quello è stato un gesto istintivo - dice Max -. Si è trattato di un’azione di gara, di un gesto automatico, quasi a proteggere le carene: se ci fossimo toccati saremmo caduti entrambi. Non c’era niente altro, meno che mai intenzionalità». Indica la sua tuta biancorossa, con la zona della coscia destra nera di gomma e dice: «Guardate, questo è un segno del duello con Ukawa... di cose così ne succedono tante in gara. Certo non tutte si vedono e, così, non vengono prese con lo stesso peso». Di opinione diversa Rossi. «Sono cose di gara - è il parere di Valentino, sereno e sorridente - perchè quando sei lì sei molto nervoso. Il mio gesto? Non è stato un saluto, la mia mano era chiusa, così...». Una rivalità agonistica, uno sberleffo ironico o che altro, quello del romano? «No - replica Rossi - secondo me mi ha dato una bella sportellata». Biaggi è ancora lì ad un passo ed interviene, per smorzare i toni o correggere, anche se lo sguardo è quanto meno deciso. «Se ricordi in quel punto io ero interno e tu esterno - dice Max - e allora...». Non fa in tempo a finire, la parola torna a Rossi: «...E quindi tu sei venuto a darmi una sportellata per via della tua traiettoria - sbotta Valentino - e dici che sono cose che succedono in gara. Riguardati la gara in tivù...». I telecronisti, nella diretta del Gp, il loro giudizio lo hanno già dato: lo scorretto è stato Biaggi, anzi hanno fatto notare che lo stesso gesto sarebbe stato ripetuto dal romano nei confronti di Ukawa. Il pesarese torna poi alla gara. «Qui ho corso in tutte le cilindrate ma non avevo mai vinto e neanche ero mai salito sul podio. Sono andato a vincere nel giorno giusto per regalare alla Honda il 500° successo. Un posto da albo d’oro che non mi leverà più nessuno

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Lunedi 23 Luglio 2001
Quando la Honda
non fa la differenza

di GIORGIO BELLEGGIA
Ci sono corse che fatichi a ricordare, e corse che valgono anni. Ieri in Germania, Biaggi ha appeso un bel poster nella memoria di tanti: partenza perfetta e vittoria di forza, centrata girando costantemente alcuni decimi più veloce di tutti, con testardissima regolarità a metà tra un cronometro e un martello. Un successo costruito nelle prove e prima ancora nei test: impressionante. Biaggi vince, Rossi affonda al settimo posto, il mondiale di colpo si riapre alla vigilia di Brno, la pista dove Max potrebbe vincere anche bendato. E allora? Che succede? Che fine hanno fatto Rossi e la sua invincibile Honda?
Su quasi tutte le piste del Mondiale la Honda di Rossi è nettamente la più veloce. Ma non al Sachsenring, un tracciato più adatto alle 250 che alle 500 (il tempo in griglia di Harada era più basso di quello di Vale), con curve strette e quasi tutte a sinistra (la gomma a destra non si scalda e l’aderenza è sempre precaria), brevi accelerazioni dove le doti di coppia e trazione prevalgono sulla potenza, facilità di inserimento in curva (decisivo nelle strettissime esse). In queste condizioni, la Yamaha non è inferiore alla Honda. Biaggi come al solito ha fatto la sua parte ed è stato ancora una volta il migliore dei piloti Yamaha, mentre Rossi è arrivato dietro Barros (che ha una Honda clienti).
Ieri Supermax è stato bravo a vincere alla grande il Gran premio, girando su tempi shock dall’inizio alla fine e devastando tutti. Ma il suo vero merito è aver messo a punto la moto come un suo replicante a due ruote. E prima ancora, di averla fatta crescere nel silenzio dei test mettendo sotto pressione staff tecnico e sponsor. Soprattutto lo sponsor, finalmente stanco di buttare miliardi e in allarme per l’eventuale ingresso di una multinazionale del tabacco sulla carena della Honda di Vale. Farsi battere da birra e benzina può starci, ma dalla concorrenza no. E i miliardi che adesso vanno alla Yamaha farebbero comodo anche alla Honda...Quando dici le motivazioni.

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Biaggi a Rossi: 'Non ha il coraggio di cambiare moto'....
30-09-2003
MotoGp, Biaggi provoca ancora Rossi
"Non ha il coraggio di cambiare moto"
Max Biaggi-Valentino Rossi, la sfida infinita. I due centauri italiani continuano le roventi polemiche e, questa volta, è il pilota romano ad attaccare il pesarese, sul possibile cambio di scuderia. "Non andrà mai via dalla Honda - ha dichiarato Biaggi - Non ha il coraggio di cambiare squadra. Qui ha la moto migliore e la Honda continuerà a vincere anche senza di lui, come ha fatto in passato. Poi in un altro team non vincerebbe sicuramente".

Dunque il duello, anche verbale, continua. Max Biaggi punzecchia Valentino Rossi, poco coraggioso, a suo dire, nella scelta della moto futura. Troppo facile vincere in Honda, provi a farlo con una moto che non sia la migliore. Questo in sintesi il Biaggi-pensiero, che alimenta la discussione sul futuro del centauro di Tavullia. Rinnoverà o no il contratto che lo lega alla Honda fno a dicembre? Accetterà la corte di Ducati e Yamaha, o, prospettiva ancor più affascinante, andrà a correre in Formula Uno? Il prossimo anno la Honda schiererà sei moto ufficiali identiche per sei piloti. Il campione del mondo, invece, pretende un trattamento speciale, da numero uno. Rossi potrebbe quindi accogliere l'ennesima sfida della sua fulminante carriera e passare alla rivale per eccellenza della Honda, la Yamaha, per ripetere l'impresa riuscita a Giacomo Agostini nel 1975 che, dopo il divorzio con la MV Agusta, passò proprio alla Yamaha portandola alla conquista del titolo mondiale.
Hanno provato a rispondere alla fatidica domanda sul futuro del pesarese vari personaggi, fra cui alcuni molto vicini a lui. Papà Rossi, Graziano, ha le idee chiare:
"A Valentino ho consigliato di rimanere alla Honda, ma lui non mi ascolta mai. La Yamaha? Quest'anno abbiamo visto in che posizione è. La Honda è la moto più veloce e ha nel cassetto pronti altri sviluppi per farla andare ancora più forte l'anno prossimo.
Per Vale sarebbe un bel rischio andare in Yamaha. Anche se è un pilota abile nella messa a punto, gli ci potrebbe volere anche una stagione intera per sistemare la moto".
Dello stesso avviso due ex campioni come Agostini e Uncini:
"Valentino è un grande campione - dicono - ma adesso ha la moto migliore e lasciarla per la Yamaha sarebbe un grosso rischio".
Marco Lucchinelli (campione del mondo 500) invece la pensa diversamente:
"Andare in Yamaha è l'unica possibilità che ha per rimettersi in gioco e, soprattutto, per chiudere la bocca a tutti quelli che dicono che vince solo perche' ha la moto migliore. Se vincesse anche con la Yamaha, e ne è capace, gli altri piloti devrebbero rinunciare allo stipendio".

Anche Loris Capirossi spinge Rossi a cambiare: "Io l'anno scorso ho avuto il coraggio di cambiare, di passare alla Ducati. Era una scelta al buio, ma ho avuto ragione, perché mi sto togliendo grandi soddisfazioni".
Fonte: Tgcom.it

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17/09/2003
PER MAX VALENTINO "NON HA LE PALLE!"
Dalla "Gazzetta dello Sport" del 17 settembre 2003: "Rossi non ha le palle per cambiare….." (in realtà il titolo contiene "non ha il coraggio" ma l’autore all’interno specifica che “il romano usa un termine più colorito”).


Quando un pilota rivolge costantemente la sua attenzione verso il rivale più pericoloso, la sua situazione di disagio è palese.
Un complesso di inferiorità, un chiodo fisso, una proiezione antropomorfica delle proprie paure per poter avere il modo di sconfiggerle, di lottare contro qualcosa di reale.
Se parliamo di Max Biaggi tutto questo non conta, o meglio, conta fino ad un certo punto, perché ripercorrendone la carriera troviamo una costante che più degna di questo nome non potrebbe essere: fiaccare "il nemico".
Innanzitutto, ligio al proverbio che fa dell’attacco la miglior difesa, spesso esprime opinioni sugli altrui difetti che in realtà rispecchiano suoi atteggiamenti, poi attende il momento propizio e sfrutta l’attimo fuggente nel quale l’avversario è in situazioni delicate per metterci una puntina di veleno, giusto quel tanto da far venire un po’ di alterazione emotiva, da destabilizzare la concentrazione.
Così non poteva oggi mancare l’articolo di Filippo Falsaperla, un articolo confezionato per ricordare che il GP di Rio si svolgerà di sabato, di tener conto del fuso orario, per spiegare aspettative e motivazioni dei protagonisti, per veicolare l’ennesima polemica di Max, non a caso provocata da chi sta dietro, l’unico che ne trae vantaggio nello sport (tanto, perso per perso....).

Ragioniamo un attimo, perché mi piacerebbe che i lettori di questo mio scritto, anche se non in linea con le mie idee, riuscissero a distinguere le mie opinioni, giustamente condivisibili o non, da dati oggettivi difficilmente confutabili.

In qualsivoglia competizione ad alto, altissimo livello, un atleta interrogato su delicate questioni contrattuali di un collega, prepara una risposta neutra oppure si astiene dal produrre giudizi o più comunemente dichiara all’interlocutore la volontà di voler parlare di se stesso che sarebbe anche la cosa più legittima.
Alzi la mano chi di voi pensa che sia consuetudine sentire qualcuno attaccare un altro su questioni contrattuali che non lo riguardano………bè il mio "sesto senso" mi dice che mani alzate non ve ne sono, quindi che il buon senso comune dei contendenti sportivi li fa desistere dall’avventurarsi in dichiarazioni sconvenienti e che voi, come me, l’avete facilmente rilevato.

A domanda Max Biaggi risponde." Rossi firmerà con la Honda perché non ha le palle per cambiare squadra. Se veramente le avesse lo farebbe così potremmo vedere veramente se è il più forte!”.

Valutazione:
- Biaggi è un buzzurro ignorante privo di qualsiasi educazione;
- Biaggi è un idiota che non sa quelo che dice.

No. Sbagliate in entrambe i casi: Max non è certamente né l’uno né l’altro.
Allora non c’è che il dolo, la volontarietà con l’aggravante della premeditazione: Max aspetta quel tipo di domanda ed aspetta l’occasione per mettere in atto il solito giochetto.
Il campionato si vince e si corre anche così, con tutti i mezzi a disposizione, non ultimo l’uso dei media per innervosire l’avversario di turno: Max ha sempre distrutto psicologicamente gli altri prima di batterli in pista.
Se questa sembra una novità messa in campo dal romano per combattere lo strapotere di Valentino, è invece una triste consuetudine vecchia di undici anni, come vecchia consuetudine è l’equazione della "moto inferiore-pilota superiore" che lo porta, qualsiasi risultato lui ottenga, ad essere magnificato oltre misura giacchè partendo dal presupposto che sia il migliore, perde per le colpe della moto e vince NONOSTANTE le colpe della moto: comunque vada sarà un successo!!!!
Qualche esempio?

Nel 1992 esordisce con Aprilia in 250 con il Team Valesi e trova un compagno di chiara fama: Frankie Chili.
Dopo qualche GP inizia a lamentarsi del trattamento che ha come seconda guida, creando attriti in squadra con il suo compagno di team, attriti che culminano nello sportellamento a Frankie con relativo ritiro proprio nel GP di casa, al Mugello, dove il bolognese stava lottando per la vittoria.
I rapporti tra i due si ricomporranno a fatica e Chili arriverà dietro Cadalora e Reggiani alternando buone prestazioni ad errori grossolani.
Nel 1993 eredita la squadra del campione del mondo 250, Luca Cadalora, ed entra nel Team Rothmans di Erv Kanemoto con l’aspettativa di vincere il titolo. Finirà quarto con una vittoria, due pole, accusando le gomme Michelin per gli insuccessi e il team, reo di favorire Okada, il suo compagno di squadra che però arriverà dietro.
Nel 1994 torna in Aprilia nuovamente, ufficiale con il Team Chesterfield; compagno di squadra Ruggia e Jean Michel Bayle il supercampione di motocross.
Aprilia usa un motore a disco rotante che le permette una velocità di spicco che supera i 15kmh rispetto le rivali. Combatterà spesso con gli hondisti Romboni (sportellato con la dichiarazione che "le gare non sono un concerto di musica classica") e Capirossi, con il quale le continue polemiche porteranno quasi allo scontro fisico.
Nel 1995 rimane in squadra solo Bayle, arriva Locatelli e Biaggi fa il bis mondiale. Sfrutta al meglio l’ancora più chiara superiorità della moto e conquista meritatamente il titolo finale; nessuno reputa che la vittoria venga per il mezzo meccanico, anche se le velocità rilevate nei rettilinei portano il vantaggio Aprilia a 17khm. Max sotto tiro di Harada su Yamaha nella prima parte del campionato, accusa la squadra di non comprendere a pieno le sue indicazioni e stabilisce subito la sua supremazia con un contratto firmato con il ds Pernat nel quale si riconosce il suo ruolo di primo beneficiario delle evoluzioni. Riguardo ai compagni di squadra..dall’archivio Rai:
"…..Locatelli forse non sa che, quando arrivo' il primo anno di mondiale in Aprilia, Biaggi, gia' campionissimo, non lo voleva in squadra con lui. Max si affretto' a chiedere a Carlo Pernat, chi fosse il bergamasco per poi aggiungere che non voleva dividere il suo box, neppure un angolo. Pernat lo convinse, ma Biaggi, pur senza colpo ferire, schiaccio' Loca moralmente. Anche per questo Roberto cambio' squadra e cilindrata, tornando alla 125 con la Honda."

Nel 1996 Biaggi vince per la terza volta consecutiva. Rimane l’unico pilota ufficiale di Aprilia e rimane anche Locatelli:
"Nei due anni trascorsi nella quarto di litro non raccolsi molto, tranne un sesto posto nel GP del Brasile ‘96, nonostante un inizio più che promettente culminato con il secondo tempo in prova nel GP di Spagna del ‘95 . A quel punto ho pensato addirittura di abbandonare lo sport agonistico: non mi divertivo più a guidare una moto da corsa"
Grossa polemica con il collaudatore Marcellino Lucchi al Mugello, al quale prima strappa la pole e poi si mette ad ostacolarlo – dichiara Lucchi – per impedirgli di fare il miglior tempo.
Honda prepara la riscossa ed il motore per la benzina verde che verrà introdotta l’anno successivo. Max soffre molto Waldmann che batte regolarmente ma che dispone di un mezzo superiore da metà campionato in poi. Solo il valore del romano ed il vantaggio accumulato gli permettono di vincere con soli 6 punti di vantaggio, perché nelle ultime 6 gare totalizza 75 punti contro i 122 del tedesco: la Honda pur in mano ad un pilota inferiore, vola letteralmente.
Biaggi contesta apertamente la squadra, rompe i rapporti con Pernat, e lancia un ultimatum a Beggio che vuole costruire una compagine imbattibile con la coppia Harada-Biaggi:"Se Harada tocca un’Aprilia me ne vado". In realtà Raisport 2 mesi prima aveva dato notizia di un suo incontro con i vertici Honda.
Nel 1997 è quindi in Honda ed ha Waldmann come compagno di squadra. Aprilia è veloce ma non è peparata per la benzina verde e non è affidabile: in molte gare il motore farà i capricci funzionando a singhiozzo e Harada a volte riuscirà a finire la gara altre sarà costretto al ritiro. Biaggi vincerà il suo quarto titolo lottando con Waldmann, non senza accusarlo di scorrettezze, accusare Honda di favorirlo, Showa di dargli materiale migliore. Biaggi è però l’unico in tutta la 250 a poter disporre di due Honda identiche, mentre gli altri, compreso Waldmann, hanno un esemplare unico a gara.
Il 1997 è anche l’anno in cui attacca Valentino davanti a tutti nel paddock:
“Suzuka, primavera ’97: il famoso "prima di parlare di me sciacquati la bocca" del romano al bimbo di Tavullia. Rossi, annichilito da quell’attacco, iniziò a sfidarlo da lontano, ad irriderlo sui giornali, a sbeffeggiarlo sul podio."
Dal 1998 in poi è storia recente: si scontra con l’HRC, poi con i vertici Yamaha; prima con Doohan, poi con Valentino.

Peccato che gli ultimi due avversari siano tipi tosti, due che non cadono nel tranello che Max puntuale tende durante la stagione e, anzi, gli passino sopra come un camion a rimorchio quanto a personalità!
A differenza loro invece i compagni di squadra vengono stritolati da una sorta di spirale fatta di attacchi mirati e risultati in crescendo: l’ultimo da allora si avvale addirittura dello psicologo!

Tutto questo per dire che la storia insegna l’invenzione di un nuovo modo di gareggiare, furbo, antisportivo forse, ma calcolato è che ha dato ottimi risultati.
La stessa storia che non ha insegnato a Max che questa tattica, quando c’è uno più forte di lui, non funziona e bisogna solo dare gas.

Per cui un consiglio: prima di dire che altri non hanno "le palle" per decisioni che riguardano solo la loro vita, si guardi da qualche parte se rimangono "le palle" per correre una buona volta da gran campione quale si è, senza scuse, sconfitte o vittorie che siano, pensando a contratti propri che si è sottoscritto solo qualche mese fa per lamentarsene 15 giorni dopo.

Un pilota di gran talento, che fosse anche un grande uomo di sport, sarebbe ancor più grande nella sconfitta e undici anni per capirlo, sono più che sufficienti

M.O.

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20/07/2004
«Adesso gioco io»

Max: Rossi? Ci temiamo, ma deve stare attento

di GIORGIO
BELLEGGIA


ROMA - Da dodicesimo ad Assen alla pole del Sachsenring, prima della vittoria. Qualcosa è cambiato nella vita che corre di Biaggi. Roma lo abbraccia. Impossibile girare con lui: autografi e sorrisi, concessi e ricambiati senza tirarsela neppure un po’. La vittoria del Gp di Germania ha rilanciato le ambizioni di tutti: della sua città e le sue personali.
Chiacchierata pomeridiana in un bar del centro in un giorno di mezza vacanza: pantalone corto e sandali. Divanetto riservato, ma alla curiosità non si resiste. Qualcuno azzarda: “battilo ancora Max, quello”. Quello naturalmente è Rossi.
Allora Biaggi, cosa è cambiato da Assen al Sachsenring? Cosa si può dire?
«Tutto e niente. Diciamo che la squadra ha finalmente trovato l’equilibrio».
Una vittoria sportiva, che riapre il mondiale, e anche politica per i rapporti con la Honda: adesso la Hrc punterà su di lei?
«Il presidente della Hrc, Kanazawa, mi ha fatto i complimenti. Me li ha fatti in italiano e aveva un sorriso contagioso».
Il mondiale è tutto da giocare?
«Assolutamente sì. E forse il più difficile. Gibernau può rientrare»
Chi ha più paura: lei di Rossi o Rossi di lei?
«Timore agonistico uguale, credo, di entrambi. Ma lui deve stare attento: un recupero come il mio non è un fatto da sottovalutare. Adesso gioco io».
Può descrivere le differenze tra lei e Rossi?
«Ne ho sentite tante su questo argomento. Secondo qualcuno Rossi sarebbe più aggressivo di me... La verità: lui è più brusco nel mettere la moto dentro e dare il gas. Io l’accompagno di più. Risultato: io consumo meno le gomme e la Michelin sostiene che rispetto a lui potrei utilizzare sempre una mescola più morbida».
Ha 33 anni e un conto in banca considerevole, quattro titoli in 250: sogna ancora?
«Sì. Di vincere il titolo della MotoGp. E’ un’ossessione, e quindi la mia forza. E’ lì che prendo energia. Quel sogno è la mia benzina».
Ha mai pensato al matrimonio?
«Prima no, adesso sì. Ma c’è un tempo e uno spazio per tutto e la mia priorità adesso è un’altra».
Quando avrà un figlio lo incoraggerà a fare il pilota?
«No»
E perché?
«In ogni Gran premio voglio che ci sia mio padre. Perché se dovesse succedere qualcosa, voglio che lui sia lì. Per lui, non per me. Perché questo è un mestiere con dei rischi: non mi piace parlarne, ma è inutile nasconderlo. Quindi voglio che Pietro sia con me. Farei lo stesso se avessi un figlio pilota: lo seguirei sempre. Ma poi non si può dire: neppure mio padre all’inizio voleva che corressi. I ragazzi di oggi sono diversi: a otto anni già rivelano delle passioni e vanno assecondati, non condizionati».
Comprerà le azioni della Roma?
«Avevo già dato mandato alla mia banca di effettuare l’operazione. Ma se me lo chiede glielo dico: sì. Mi sembra un atto dovuto nei confronti di una società e di una famiglia che ci ha dato tante soddisfazioni e uno scudetto. La Roma, chi può, deve sostenerla».

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ROMA - Emozione violenta. In piedi con la voglia di tuffarsi dentro la tv. Prima la 125, poi la 250, infine la MotoGp e la solita gara tiratissima, combattuta oltre ogni limite, aperta fino all’ultimo respiro. Biaggi vince a modo suo, guidando per un intero Gp sui tempi della pole, veloce e costante come nessuno, pulito anche nell’apnea del last lap, contro la rabbia di Barros. Un martello. Uno spettacolo assoluto.
Vince e si rilancia nel mondiale. Il disastro del Mugello, l’ottavo tempo di Assen e le difficoltà nelle prove di Rio adesso sono finalmente lì sotto gli occhi. Perché una volta possono vincere tutti, come Tamada, e poi sparire. Ma uno che in gara gira sempre intorno al podio e quando la Honda lo lascia libero vince come ha vinto ieri, allora capisci che non può mai fare l’ottavo tempo nelle qualifiche di Assen, soffrire così al Mugello, a Rio.
Al Sachenring c’era il vertice della Honda. Se mai fosse servita l’ennesima dimostrazione, l’ha avuta: senza zavorre tecniche, Biaggi nel finale molla manciate di secondi a Rossi e tiene dietro le moto ufficiali di Barros e Hayden (nostante i due avessero ricevuto notevoli aggiornamenti proprio per questo Gp). Perché quando la gara è entrata nel vivo, Rossi si è trovato in crisi di gomme e malgrado la sua classe e l’orgoglio non è riuscito minimamente a contrastare il suo avversario storico, anche nella classe e nell’infinito orgoglio. La verità è che nelle corse bisognerebbe starci un po’ per capire cosa si agita dentro i box dei nostri campioni. Le scelte politiche delle Case, per prime, condizionano il comportamento dei piloti dentro e fuori la pista. C’è sempre un elemento caratteriale che ci distingue, ma se per esempio uno ride sempre e l’altro si lamenta sempre, o uno è scemo e l’altro è depresso, oppure ognuno ha le sue buone ragioni per esprimere gioia o disperazione. Per esempio ieri: Rossi ha sorriso molto meno, mentre Biaggi non era immusonito e scontroso come consuetudine, ma ringraziava la squadra e dedicava il successo a Antonio Cobas, responsabile tecnico della sua moto, scomparso in primavera.
Ieri i tifosi di Max hanno finalmente goduto e si sono ritrovati fieri intorno al loro campione. Senza dimenticare la lunga attesa, ma felici. Perché anche al Sachsenring Biaggi non avrebbe dovuto vincere. Secondo i programmi della Honda è il quarto pilota (dopo Barros, Hayden e Gibernau). Chi lo conosce dalla tv dice: ha 33 anni, non ha più fame, è antipatico. E allora faticherà a spiegarsi la vittoria, il gesto e i sorrisi di ieri.

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"Rossi viene gestito, dal punto di vista manageriale, in modo assolutamente ridicolo. E' dall'inizio dell'anno, senza avere alcuna reale alternativa, che il pesarese tira la corda, facendo sembrare roba da bambini persino le lamentele di Biaggi. Il che è tutto dire...
Come se non bastasse dall'altra parte della barricata (cioè da parte Honda) c'è stato un continuo calo di braghe. Fino allo stop di oggi.
"Questa situazione è di grande aiuto per chi cerca gli sponsor - ha sarcasticamente commentato Patrizio Cantù, marketing manager uscente del team di Rossi - noi abbiamo firmato un contratto personale con lui per Nastro Azzurro. Per quanto riguarda il resto tutto è in alto mare".
E' in alto mare anche la trattativa fra Repsol e Honda perché evidentemente il partner storico dell'HRC vuole assicurazioni su spazi e comportamenti. Ieri Fiorani era in Spagna per tentare di far quadrare il cerchio.
La cosa più giusta, però, alla fine l'ha detta un portavoce dell'Aprilia.
"Siamo stati usati durante l'intero arco del Motorshow per far salire l'ingaggio di Rossi - è stato il commento - oggi che non c'è più nessuno sul mercato evidentemente la Honda si è irrigidita. I giapponesi sono più duri di noi, e gli hanno presentato il conto. Ma non lo molleranno".
Sicuramente non lo faranno. Certo però l'immagine del pilota che corre per divertimento si è appannata da tempo. E forse è un bene. D'ora innanzi Valentino Rossi andrà trattato come tutti gli altri piloti, che corrono per i soldi, si incazzano quando la moto non va e cercano compagni di squadra facili.
Un fenomeno, in pista, un uomo normale, anche simpatico, fuori. Ma non esageriamo, per favore. Non esageriamo più."

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ROSSI E LA HONDA: COME LASCIARSI FACENDO FINTA DI ESSERE ANCORA AMICI
Il punto di non ritorno Valentino Rossi l'ha passato la scorsa settimana, in Giappone, allorché, avuto dalle mani di Kanazawa il contratto che l'avrebbe legato alla Honda, glielo ha restituito con il più classico dei "no grazie".
E' stato un gesto deliberato, quello del folletto di Tavullia, una mossa che ha chiarito al boss della HRC - al di là del gioco delle parti, prevista assenza del manager di Vale compresa - chi è che decideva e cosa.
L'ulteriore rinvio, però, ha fatto precipitare la situazione. Sono sparite le facce di circostanze, i commenti attenuati, i buoni propositi comuni, così che, finalmente, dopo mesi di reciproche prese di fondelli - da una parte la Honda, con le sue lecite resistenze, dall'altra Rossi con l'impossibile sogno di trasformare la casa giapponese nel suo cortile di casa - si è compresa la realtà dei rapporti fra il campione del mondo ed il colosso nipponico. Buoni con i quadri intermedi, Fiorani, team, sino al cuoco Max, pessimi con la dirigenza, da Kanazawa a Nakajima.

"Stando così le cose non posso rimanere con la Honda - ha ammesso Valentino. A Sepang arriverà il mio manager con un nuovo contratto, e solo se la Honda vorrà potremo riprendere le trattative".
Sarà difficile comunque che i giapponesi accettino un rifiuto su quella che era stata definita una offerta "perfetta".
Il problema, ora, per entrambi, dunque, non è tanto cosa decideranno di fare nel futuro, se cioè Rossi correrà con la Yamaha o chi sarà il pilota designato a prendere il posto di Valentino nel team HRC, quanto come gestire lo sgancio. La Honda, infatti, ha ormai perso abbondantemente la faccia spostando sempre più in avanti le sue risibili deadline - non si rinuncia al folletto di Tavullia così facilmente - ma anche Valentino dovrà stare attento a non far capire quanto tempo fa ha deciso.

Dovranno, insomma, Rossi e l'HRC, far finta di lasciarsi da buoni amici. Cosa che è sempre molto difficile. Ma non forse così difficile come sarebbe tornare indietro dopo un tradimento. Perché se Vale e la Honda saranno ancora insieme nel 2004, sarà solo perché i numeri uno del mondo delle due ruote avranno accettato di aver diviso, seppure per poco, Rossi con i rivali della Yamaha. Ma ciò che perdonano gli uomini, ben difficilmente può essere perdonato dalle aziende

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ROSSI-HONDA:

UN TORMENTONE, DI NUOVO IN CRISI

C'è qualche problemino, fra Valentino Rossi e la Honda. Un problemino che ha impedito però al campione del mondo pesarese di salire sull'aereo che lo avrebbe portato a Sepang, per i test programmati dal 21 al 23 gennaio.
Il motivo per il quale la Honda ha "fermato" il suo campione è perché semplicemente questi non ha firmato il contratto.
"E' vero, Valentino non partirà - ha detto Gibo Badioli, il suo manager, a Scalera sul Corriere dello Sport - ma non posso aggiungere altro. I motivi chiedeteli alla Honda".
"Rossi non proverà perchè alcuni particolari, formali e sostanziali del contratto non sono stati firmati - ha rivelato Carlo Fiorani, team manager della HRC - a questo punto non sussistevano le condizioni di responsabilità che una azienda come la Honda richiede ed è stata annullata la presenza di Vale in Malesia. Dal punto di vista tecnico nessun problema: erano solo prove di sospensioni e freni. Le faranno Ukawa ed Itoh. L'azienda ha le sue regole: non potevamo passarci sopra. Sono convinto che il problema sarà risolto, ma al momento non lo è".
Non lo è perché Rossi viene gestito, dal punto di vista manageriale, in modo assolutamente ridicolo. E' dall'inizio dell'anno, senza avere alcuna reale alternativa, che il pesarese tira la corda, facendo sembrare roba da bambini persino le lamentele di Biaggi. Il che è tutto dire...
Come se non bastasse dall'altra parte della barricata (cioè da parte Honda) c'è stato un continuo calo di braghe. Fino allo stop di oggi.
"Questa situazione è di grande aiuto per chi cerca gli sponsor - ha sarcasticamente commentato Patrizio Cantù, marketing manager uscente del team di Rossi - noi con lui abbiamo firmato un contratto personale con lui per Nastro Azzurro. Per quanto riguarda il resto tutto è in alto mare".
E' in alto mare anche la trattativa fra Repsol e Honda perché evidentemente il partner storico dell'HRC vuole assicurazioni su spazi e comportamenti. Ieri Fiorani era in Spagna per tentare di far quadrare il cerchio.
La cosa più giusta, però, alla fine l'ha detta un portavoce dell'Aprilia.
"Siamo stati usati durante l'intero arco del Motorshow per far salire l'ingaggio di Rossi - è stato il commento - oggi che non c'è più nessuno sul mercato evidentemente la Honda si è irrigidita. I giapponesi sono più duri di noi, e gli hanno presentato il conto. Ma non lo molleranno".
Sicuramente non lo faranno. Certo però l'immagine del pilota che corre per divertimento si è appannata da tempo. E forse è un bene. D'ora innanzi Valentino Rossi andrà trattato come tutti gli altri piloti, che corrono per i soldi, si incazzano quando la moto non va e cercano compagni di squadra facili.
Un fenomeno, in pista, un uomo normale, anche simpatico, fuori. Ma non esageriamo, per favore. Non esageriamo più.
17/01/2002

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IL SOLE, LA LUNA E VALENTINO ROSSI
di PAOLO SCALERA


Paolo Scalera
Solare e lunatico. Così è Valentino Rossi, un ragazzo dal profilo dichiaratamente doppio, come del resto si deduce dal disegno del suo casco sul quale inalbera, come facevano gli antichi cavalieri con il proprio elmo, un sole sorridente ed una luna incazzata.
Con tali propositi esposti alla luce del giorno, cosa ci si può aspettare da Rossifumi-Valentinik-Dr.Rossi - questi i soprannomi sotto i quali si è presentato in questi anni - se non che sia irriverente e simpatico, fantasioso ed iconoclasta, in una parola: eccessivo?
E' tutto qua il segreto del giovane figlio di Graziano, ottimo pilota, questi, in 250 e 500, negli anni '80, maggiormente famoso (ingiustamente) più per aver portato una gallina a guinzaglio in giro per Rimini che per risultati sportivi.
E' cominciata presto la carriera di Vale-lingua-lunga nel motomondiale, nel 1996, infatti, correva e cadeva nella 125, ma non era ancora Valerossi, quanto, piuttosto, un fenomeno per pochi intimi. Grande lo diventò l'anno successivo, dominando nella sua classe, ma il "là", l'inprint direbbe uno psicologo, glielo diede - e non poteva essere altrimenti - proprio Max Biaggi quando l'apostrofò a Suzuka, nel Gran Premio del Giappone, invitandolo a lavarsi la bocca con il sapone prima di parlare di lui. Era a cena, Valentino, e ce lo ricordiamo ghiacciato ed impacciato, muto di fronte al Campione. L'odio, probabilmente, nacque lì, anche se Rossi, fino a quel momento, l'aveva ottimamente coltivato.
La risposta, a quell'altolà, a Valentino venne in mente solo qualche tempo dopo: "io il Biaggi della 125? Sarà Max il Rossi della 250".
Fu solo l'inizio, poi vennero "meglio un giorno da Rossi che una vita da Biaggi" e tanti, tanti altri motti, alcuni salaci, altri semplicemente offensivi. Era la luna, no? Ed altre volte il sole. Comunque, l'antipatia, andò avanti, crescendo con la stessa logica della valanga, che non ha mica bisogno, per ingrandirsi, del consenso dei detriti che raccoglie lungo il cammino. Semplicemente scivola, e si ingrossa.
Dentro, Valentino, ci ha buttato un titolo mondiale, il suo della 125 e l'ottima prima stagione in 250, poi il secondo titolo, nella quarto di litro, nel 1999, ed infine il passaggio in 500, con un secondo posto alle spalle di Roberts all'esordio (come Biaggi, all'esordio, si arrese solo a Doohan) ed il titolo contro Max, quest'anno.
Una carriera che ha dato voce e timbro a proteste, sempre dirette contro l'imperversante Biaggi, che altrimenti, come il raglio degli asini, non avrebbero raggiunto il cielo. Non che avesse sempre torto, il ragazzo di Tavullia, è che spesso ha parlato e fatto cose a sproposito (la luna, ricordate?), ma a sua discolpa si può dire che con la medesima veemenza se l'è presa anche con Schumacher, che nemmeno conosce e con la Ferrari, quest'ultima aggressione sì, veramente un atto di coraggio nell'Italia mammona e ferrarista che tutti conosciamo. Anzi, a dirla tutta, se la è legata al dito più Luca di Montezemolo che Max Biaggi, visto che il primo si è preso la briga di punzecchiarlo a distanza ("Se faremo provare la nostra monoposto anche a Valentino? La Ferrari non è mica l'Avis..."), mentre il Corsaro mai ha risposto sposando la filosofia del non ti curar di loro...perlomeno fino al GP di Barcellona, quest'anno.
Il sacco dell'odio, accuratamente riempito ad ogni occasione (dal pilota non a caso cresciuto in casa Aprilia che in quel periodo non ha saputo o, peggio, voluto controllare le intemperanze giovanili del campione), ha dimostrato però di esser pieno di una sola cosa - parole - quando si è improvvisamente afflosciato allorché, durante la penultima sessione di prove in Malesia, nel 1999, a Sepang, nel bollente metà marzo orientale, fermo a bordo pista dopo una caduta, Valentino accettò il passaggio che cavallerescamente Biaggi gli offerse sulla sua Yamaha 500 per evitargli una lunga passeggiata sotto il sole cocente. Una drammatica marcia indietro per l'antiitaliano che, nel GP di Francia del 1998, al Paul Ricard, sul casco attaccò un adesivo con sù scritto "Grazie Mick". Bè, certo, rifiutare sdegnosamente per tener fede al proprio personaggio sarebbe stato logico, ancorché esageratissimo, ma Vale, in quel momento, non ci ha affatto pensato, ragionando con il sole (e sotto il sole), ha visto solo la sudata che lo aspettava ed i due sono così tornati, abbracciati, su di una sola moto, nei box, mentre la luna, sempre più incazzata, sul casco, questa volta, faceva finta di niente.
14/10/2001

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06/09/2004

Scalera

Il gran premio al quale abbiamo assistito ieri in Portogallo ha confermato l'errore politico fatto dalla Honda lo scorso inverno sottovalutando Rossi, da cui è originata la scelta di affidare ad una coppia risibile, quella composta da Barros ed Hayden, lo sviluppo della RCV211 per il 2004. Un po' come se, perso Schumacher, la Ferrari si affidasse a Coulthard per sviluppare la sua monoposto.
Se sbagliare è umano, perseverare è diabolico, così Takeo Fukui, ieri, è stato anche costretto, nella totale assenza non di ordini di scuderia, bensì di rassicurazioni (leggi:decisioni) sul futuro, ad assistere alla lotta fratricida fra i suoi piloti, della quale ha fatto le spese Gibernau, finito ai piedi del podio dopo essere stato battuto sia da Makoto Tamada che da Alex Barros, che hanno dato il fritto il primo per la promozione, il secondo per la riconferma. Ma è giusto così. (...)
(...) Rossi, infatti, è stato bravissimo al via a sbarazzarsi, appena possibile, del bollente Loris Capirossi che era stato capace di balzare in testa dall'undicesima posizione dello schieramento di partenza, fulminandolo prima del tornantino la più lenta curva del circuito.
Una manovra che sfortunatamente per lui non è riuscita a Max Biaggi nella successiva curva a sinistra allorchè Capirex, dopo essere entrato molto largo, ha successivamente chiuso la sua traiettoria. Non è bastato, a quel punto, a Max, raddrizzare la sua Honda e piantare un'inchiodata che gli ha sollevato la ruota posteriore da terra per evitare il contatto.(...)


INTERVISTE COMMENTATE:

"(Parla Rossi) Non l'ho vista (si riferisce alla collisione), ma ho sentito il colpo ed un motore che andava su di giri - si tira fuori Rossi, che aggiunge - Biaggi sicuramente sarebbe andato forte, quest'anno non aveva mai sbagliato. Ora un errore l'ha fatto anche lui".
Ne ha fatti di più la Honda, fornendo gratis un po' di punti al folletto di Tavullia. (...)

"(Parla Gibernau) Terrò la vecchia moto anche a Motegi. La nuova non la proverò nemmeno domani nei test", sembra confermare indirettamente Gibernau, che però pensa, e non dice, che il nuovo modello sia solo stato sviluppato male, e non da lui.





"E' caduto nella trappola del tornantino, la lentissima curva a sinistra in salita da prima marcia, il Corsaro: ingannato da Capirossi, un po' lungo e largo sulla destra, si è tuffato nella porta lasciata spalancata dall'imolese, che poi ha chiuso, forse con una traiettoria impostagli dalla non maneggevolissima Ducati.
(...)
I due, naturalmente, dopo la gara non si sono incontrati né, come al solito, la latitante direzione di corsa, ha pensato di convocarli per chiedere loro spiegazioni sull'incidente.(...) Ogni partenza infatti è una roulette russa ed i ragazzi della Motogp andrebbero un po' tenuti a freno. Se uno fa una partenza come Loris, e non sboccia nessuno e rimane in piedi, è un eroe. Salvo poi prendersela con il collega quando questi si comporta nel medesimo modo. Finchè vige la regola del Far west, però non è colpa di nessuno.

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dal Corriere dello Sport:

E ORA CHIAMATELO MAESTRO
Impertinente infantile scoordinato, queste le critiche. Ma il Dottore ha conquistato anche gli scettici



All'inizio della carriera nn ci stava tanto simpatico, inutile negarlo. Troppo esagerato, irriverente, sopra le righe. In una parola troppo. Di tutto. A noi Valentino Rossi faceva l’effetto di un torero che sbeffeggiava la sacralità dell’arena calpestando la sabbia che aveva bevuto sangue passeggiandovi sopra in costume da bagno.
Questo accadeva nel 1997 in 125. Unici successi nella minima cilindrata punteggiate da gag: Superman, Robin Hood, bambole gonfiabili e parole in libertà.
Non che in passato non ci fossero stati pilo sopra le righe. Bill Ivy lo era.
Barry Sheene… lo prendeva come punto di riferimento, anzi “Quando esco con Bill – disse una volta – mi sembra di vedere azzimato”.
Ivy, al cui fascino nn resistette nemmeno Agostini, però nn sopravvisse al suo mito. Il torero se ne andò, in un giorno come tanti di quell’epoca pericolosa, lasciando in posto a uomini duri a cui piaceva scherzare, ma solo una volta giù dalla moto. Phil Read era così, e poi saltando avanti nel tempo duri e puri erano Roberts sr., Lawson, Rainey. A suo modo anche Spencer o Swantz. Ma in confronto a quel Rossi dell’esordio iridato in 125 erano tutti chierichetti, persino quello stralunato di Marco Lucchinelli, iridato nella 500 nel 1981.

Perciò Rossi non ci piaceva. A peggiorare le cose, poi, il passaggio in 250 nel 98, non lo cambiò. E come avrebbe potuto? Passò di categoria in un anno in cui vinsero solo le Aprilia. Cioè lui. O Capirossi o Harada. Aveva di fronte due grandi campioni per carità, ma le sue 5 vittorie, condite da altrettante prese in giro, come dicono a Firenze, non ci garbarono. E poi continuava a vincere senza il minimo cenno di sofferenza- Dove diavolo erano andati a finire quei piloti capaci di farci apparire ogni vittoria un miracolo? Ogni gara terminata uno scampato pericolo? Nel 99 se possibile nel 99 la situazione peggiorò. Valentino vinse 9 GP. A fine stagione annunciò, dopo un bel tiraemolla, il suo passaggio in 500. Fu allora che ci dicemmo: adesso crescerà finalmente.

E invece no. Rossifumi… semplicemente cambiò pelle trasformandosi nel “Dottore”. Solo due vittorie nel 200 ed il 2° posto mondiale nn lo precipitarono però nel mondo dei grandi. Furono ancora strani adesivi a fargli compagnia… . Insomma il ragazzo non si decideva a crescere e a prendere sul serio quello che stava facendo, cioè guidare la moto + veloce del pianeta, senza alcuna sacralità.
Sotto questo punto di vista il 2001 andò anche peggio. 11 vittorie , l’ultimo titolo delle 500 e nemmeno un’espressione sofferta. Ci sentimmo traditi: nn si può stare una stagione intera seduti sull’affusto di un cannone senza far trasparire almeno a volte quella paura bravamente imbrigliata nella maschia determinazione del motociclista. Con Valentino, questo era il nostro rimprovero, le gare perdevano quell’odore luciferino di zolfo per trasformarsi in un balletto il cui in nostro Nureyev era un allampanato ragazzino di Tavullia che guidava non sapendo apparentemente dove mettere le braccia e le gambe tanto erano lunghe.
Il problema, ancora una volta era che i risultati di Rossi sembravano arrivare quasi senza sforzo, chiunque fosse stato l’avversario domenicale. Un po’ come se il GP fosse una rappresentazione con un finale già scritto e che andava dunque recitata soprattutto nel finale per distinguerla dalle altre. Intollerabile ne convenite?

Nel frattempo però Vale aveva vinto 3 titoli in 3 cilindrate diverse, come il duro per antonomasia, Phil Read, ma sempre ridendosela. Neanche l’arrivo della MotoGP e il ritorno ai motori 4t. modificarono il nostro di una virgola, che anzi cominciò a guidare di traverso come se in nuovo mezzo fosse un’auto da rally. Fu quello il periodo peggiore, per noi. Vedemmo vincere uno che guidava una moto come un’automobile. Poi però qualcosa iniziammo a capire. Cercammo di fare meno attenzione ai dettagli – le solite gag – per concentrarci su un aspetto diverso della storia. Il fatto che Rossi interpretando i nuovi mezzi stava facendo scuola. Una scuola che poi incontrammo ad ogni semaforo, affiancando ragazzi con il suo casco , ma anche quello di Max Biaggi, Capirossi, Gibernau o McCoy.
Era nata insomma, con Rossi, una nuova generazione di motociclisti in grado di interpretare il circuito non più come una Plaza de Toros, come noi lo avevamo sempre considerato, ma piuttosto come un parco di divertimenti, un luogo sicuro dove sfogare la propria passione per la velocità. Non è un caso che oggi i motociclisti che una volta si ritrovavano sul muraglione preferiscono i turni di prove in pista. Non scimmiottano i campioni, hanno semplicemente recepito il messaggio di Valentino: se riesci a guidare come me puoi divertirti in sicurezza.

Nel frattempo, comunque, Rossi ha accumulato un totale di sei titoli. Ce n’è pochi ormai come lui in giro. Perciò anche noi abbiamo imparato ad apprezzarlo per ciò che è e a non rifiutarlo per ciò che non può essere-
Se fossero ancora con noi, Bill Ivy e Barry Sheene ci direbbero: smetti di chiacchierare e lasciaci godere in pace delle sue lezioni di guida.
Come dar loro torto?


Paolo Scalera

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MotoGP - Max Biaggi a ruota libera. 'Il titolo? Sarebbe il massimo, il mio oro'
11-08-2004
Max Biaggi intervistato dalla Gazzetta dello Sport parla delle vacanze , della MotoGp, del distacco da Rossi e della possibilità di colmarlo.

Ecco le sue parole:

“Le vacanze stanno andando abbastanza bene, senza far troppe cose: un po’ di mare, un po’ di sole e qualche ora al computer per rispondere a decine di mail. E poi qualche garetta in supermoto con gli amici a Castelletto di Branduzzo, vicino a Pavia e sulla pista di Carole, nei pressi di Parigi. Un modo divertente di restare in allenamento. “

“Al mondiale ci penso, ma non tutti i giorni – ha proseguito il romano – Anzi ho fatto anche un sogno. A dir la verità mi è sembrato quasi un incubo. Ero in moto e avevo una noia tecnica. Forse ho rielaborato ciò che mi è successo nell’ultima gara a Donington. “

Biaggi è tornato quindi sulla Gara inglese. “Nel warm-up mi ero accorto che qualcosa non andava e l’ho fatto presente ai tecnici giapponesi. Loro mi hanno risposto che il guaio elettronico era stato causato dall’acqua. Così abbiamo deciso di tenere la stessa moto per la gara, ma il cambio , anche quello manuale, proprio non funzionava. Ho dato tali botte che mi sono tagliato pure il piede. Peccato.”

Ora il romano è a 22 punti da Rossi – “Passare in classifica da meno 1 a meno 22 rode parecchio. Ma tutto è possibile perchè mancano ancora sette gare. Per rimontare bisogna però essere padroni della condizione tecnica e qui non è così. La mia squadra lavora al mille per mille, ha un buon materiale, però lo sviluppo è sempre affidato ad altri e questi ci può penalizzare.” Biaggi parla poi di Brno dove ha vinto sette volte– “Quattro in 250, due in 500 e una in MotoGP. A Brno farò una gara da protagonista perchè quella è la mia pista. E viene nel momento giusto perchè da adesso in poi, non si può e non si deve più sbagliare nulla.”

Biaggi risponde poi alla domanda su Lorenzo, Corsi e Fabrizio - “So che tifano per me. Lorenzo sui giornali spagnoli ha anche detto che Rossi è un pagliaccio. Scherzi a parte, mi sembra un pilota coraggioso: ha vinto delle bellissime gare e nella bagarre si esalta. Corsi invece è un tipo molto tranquillo, educato ed ha un ottimo futuro davanti: ha la stazza fisica per poter fare cose interessanti anche in classi diverse dalla 125. Fabrizio, infine, è la sorpresa della MotoGP pur correndo con un mezzo che non è da MotoGP: Quest’anno, in condizioni di pioggia, ha fatto i numeri.”

Tornando alla lotta per il titolo Biaggi continua così – “22 punti di distacco sono tanti e Rossi sta andando forte. Molto dipenderà dalle novità tecniche in arrivo proprio a Brno. La Yamaha avrà sicuramente delle evoluzioni . A noi non ci è stato detto ancora nulla, però... Mai come quest’anno sento il titolo a portata di mano, forse quando ero alla mia stagione in 500. Lì ad inizio campionato sono anche stato in testa alla classifica.”

Max ha poi parlato del suo perfezionismo, per molti un limite – “No. Anzi, vorrei sfatare questa cosa. E’ vero che sono molto preciso, però non perdo tempo nelle regolazioni o in pretese inutili. Nel lavoro mi piace essere pratico. In gara sono sempre al 100%. Vado all’80% solo all’ultimo giro quando mi capita di avere un buon vantaggio. Penso alla festa che si farà sul podio, ai miei tifosi. Sensazioni bellissime. “

Alla domanda sul suo passato (lasciare di nuovo la Honda per la Yamaha) Biaggi risponde così: “Non cambierei nulla di quello che ho fatto. Allora fu una scelta oculata. “

“Le olimpiadi? Vincere il mondiale della MotoGP sarebbe il massimo. Il mio oro”

Il pilota romano conclude con un pronostico per Brno – “Faccio tre nomi per ogni classe. Partiamo dalla 125: Locatelli, Dovizioso, Corsi. Per quanto riguarda la 250 vedo una lotta tra Porto, Pedrosa e Poggiali. E per finire la MotoGP. Diciamo Biaggi, Rossi, Gibernau. In quest’ordine di classifica? Fate un po’ voi...”

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Lunedì 18 Ottobre 2004
Il dramma di Valentino Rossi: ha vinto sei mondiali ma sa contare solo fino a cinque
Attimi d’imbarazzo nel team Yamaha dopo il Gp d’Australia: per far comprendere a Rossi l’entità delle sue vittorie, il suo manager ha dovuto fargli un disegno. Le sue dichiarazioni a caldo: “Vroooom zooom aléeee w la gnocca!”. Poi, in conferenza stampa, il campione di Tavullia ha espresso un commento più ragionato: “Vroooom zooom aléeee w la gnocca!”. Succede, quando si viene promossi alla classe 500 prima che in seconda elementare. Ma in fondo Rossi rispetta la cultura molto più di altre superstar dello sport: in vita sua non ha mai aperto un libro, però non ha nemmeno mai firmato una raccolta di barzellette cretine. E visto che lui, che non beve e non fuma, si lascia sponsorizzare da birre e sigarette, un giorno potrebbe affittare un posticino sul suo casco anche allo struzzo Einaudi. Solo il Cepu si rifiuta di impiegare Vale come testimonial: “E’ solo un analfabeta, a noi serve un vero ignorante”. Non c’è da stupirsi che gli italiani lo adorino: quando una nazione invecchia, si mette a correre dietro ai ragazzini. Intrepido, decerebrato, inoffensivo, felice, ricco sfondato, Valentino Rossi è l’unico degno erede di Ribot, Varenne e Rintintin. Vroooom zooom aléeee w la gnocca!

by
Lia Celi

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