Schumacher, un ritorno a 2 ruote
Schumacher in sella alla Ducati di Casey Stoner (immagine d'archivio)
La MotoGp ultima impresa del tedesco
STEFANO MANCINI
A quarant’anni c’è chi si compra la moto e chi vuole correre il Motomondiale. Gli uni sono di solito maschi affetti da sindrome di Peter Pan, l’altro è Michael Schumacher. Ex campionissimo della Formula 1, sette titoli mondiali, detentore di tutti i record e di un conto in banca miliardario, 30 milioni mal contati di reddito annuo, Schumi ha deciso di rompere la monotonia della pensione in riva al lago Lemano. Nell’ultimo anno ne ha tentate d’ogni genere: giardiniere e autista di scuolabus nella pubblicità, pilota di bighe nel film «Asterix alle Olimpiadi», tassista nel tempo libero, collaudatore part time alla Ferrari, kartista per gioco. Il filo conduttore è la guida. Senza adrenalina, però.
Ecco allora l’idea meravigliosa: correre nella MotoGp. A piccoli passi, l’ex ferrarista ha cominciato il percorso inverso di Valentino Rossi, che tra il 2005 e il 2006 assaggiò le quattro ruote e per qualche mese pensò davvero che da grande avrebbe spadroneggiato in Formula 1. Il 5 novembre sul circuito di Valencia, Michael ha provato la Ducati con cui Casey Stoner è diventato campione del mondo. Il suo miglior tempo è stato di 5 secondi più lento rispetto alla pole position 2007. Nulla di straordinario, ma neppure una bocciatura.
Schumacher ha deciso di insistere, rivela il quotidiano francese l’Equipe. E da allora svolge regolarmente sedute di prove sul circuito francese di Bresse, dove arriva in elicottero dalla sua residenza svizzera. Perfezionista al limite del maniacale, il pilota tedesco è disposto a tentare il grande salto a patto di non fare brutte figure. L’obiettivo è disputare un unico Gran premio, quello del Mugello, in sella proprio a una Ducati (che ha lo stesso sponsor e gli stessi pneumatici del Cavallino). La casa bolognese si dice d’accordo. «Non deve fare altro che chiedercelo - giura Livio Suppo, responsabile del Progetto Ducati MotoGp - saremmo ben felici di accontentarlo». Unica avvertenza: decida in fretta, perché servono un paio di mesi per preparargli la moto. Un ostacolo teorico è la Dorna, società organizzatrice del Motomondiale. Il patron Carmelo Ezpeleta sarà disposto a concedergli una wild card per gareggiare? Le probabilità che rifiuti sono pari allo zero virgola (sebbene oggi l’ufficio stampa risponda che la notizia è infondata): Schumacher rimane una fabbrica di audience, figurarsi poi se dovesse sfidare un altro uomo immagine dello spessore di Valentino Rossi.
Altre sono le difficoltà, come insegna la storia. Nel 1964 John Surtees vinse il campionato di Formula 1 dopo sette titoli motociclistici. Il suo exploit rimane unico, se si escludono le imprese pionieristiche di Nuvolari e Varzi. Prima di Rossi avevano fallito personaggi come Hailwood e Agostini. Soprattutto: è opinione condivisa che passare dalle moto alle auto sia più semplice che non viceversa. Le differenze? Da un punto di vista fisico, la macchina richiede braccia salde e un collo d’acciaio per compensare l’accelerazione laterale in curva, mentre la moto è un esercizio di equilibrio che impegna la muscolatura di avambracci, piedi e schiena. La tecnica automobilistica in curva è fatta di frenate cortissime e di traiettorie obbligatorie, mentre il motociclista frena prima, piega al limite della forza di gravità e contemporaneamente sorpassa. Difficile resettare e riprogrammare corpo e cervello. Ma in fondo Schumacher ha già riscritto la storia dell’automobilismo: che sarà mai aggiungere un capitoletto sulle moto?
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