Dalla
Gazzetta dello sport
«Ma i miei 15 titoli no!»
MITO Giacomo Agostini, 63 anni, 15 titoli in carriera (Ap)
Agostini difende il record: «Rossi, dopo Hailwood tocca a Nieto»
Il nuovo, travolgente, record di Valentino Rossi trova Giacomo Agostini sulla scaletta di un aereo. Dalla Finlandia con destinazione Bergamo dopo l'ennesimo bagno di folla: magari appassionati un po' attempati, quelli che amano le moto d'epoca, ma sempre aggrappati al mito mai spento delle due ruote. «Devo allenarmi un po'. Se voglio sfidare il ragazzo».
Toccato sul nervo scoperto. Come un pilota ancora in piena attività, anche se ha 63 anni e da quasi 30 non guida una vera moto da corsa. Agostini non ha visto la cavalcata trionfale di Germania («mi aggiornavano al telefono su quello che succedeva al Sachsenring»), però replica esattamente come ha fatto Angel Nieto, lo spagnolo con 90 vittorie che adesso diventa il bersaglio più vicino per Vale (il bergamasco è primo con 122): pensando ad una sfida impossibile.
«Sarebbe un grande sogno - dice Agostini -. Ho avuto il piacere di correre e vincere contro grandi piloti, come Mike Hailwood, Jim Redman, Phil Read, Barry Sheene, Kenny Roberts. Sarebbe fantastico andare a vedere da vicino cosa è capace di fare in pista. Ma ovviamente è una di quelle cose improponibili».
Come i confronti tra piloti di epoche diverse. «Non me la sento proprio di paragonare Mike e Valentino. Ogni grande campione ha qualcosa di speciale, ma riuscire a fare dei paralleli davvero non me la sento. Poi una volta si correva in tante categorie, mentre oggi il calendario propone 17 gare. Troppe differenze».
Un mito l'inglese. Per tanti ancora più grande del grande Ago. Una carriera cominciata come «figlio di papà», capace di comprare le moto migliori grazie ai soldi del genitore Stan (una volta si poteva fare anche quello...), ma finita con 9 titoli iridati e imprese tali da farne uno dei più grandi piloti di tutti i tempi. Capace di correre e vincere in tutte le categorie. Genio e sregolatezza, si diceva all'epoca, incline a fare nottata divertendosi (un po' come Valentino) e poi trionfando come niente fosse. In parte una leggenda metropolitana, assicura lo stesso Agostini, «perché quando c'era una gara davvero importante, alle 9 era già a letto».
Un mito per gli inglesi che lo incoronarono come Mike the Bike, Mike la Moto (non potevano di più...) ma capace di incantare tutto il mondo: come quando tornò per correre il suo amato Tourist Trophy. Si era ritirato dalle moto nel 1965 per passare ad una più che discreta carriera in auto, ma con la Ducati fece un'impresa epica, chiusa con lo stivale completamente consumato e il mignolo del piede sanguinante fino all'osso. «Per batterlo - ricorda Agostini - scendevi dalla moto con le mani piagate».
Oggi Rossi si sistema accanto al mito Hailwood, nella classifica dei più vittoriosi di ogni tempo, sul terzo gradino del podio.
«Sicuramente gli farà piacere, ma non credo più di tanto. Queste sono cose che si apprezzano soprattutto quando smetti di correre. Adesso pagherei non so cosa per avere nel mio garage tutte le moto con cui ho corso. Certo le MV, le Morini e tutte le altre. Ma anche i motorini come l'Aquilotto a rullo con cui ho fatto i miei primi metri».
Anche Agostini, a suo tempo, ha superato Hailwood: cosa avevo provato allora? «Sinceramente, non credo proprio di aver festeggiato quel sorpasso, semplicemente perché nessuno me lo ricordò. Una volta non c'erano tante statistiche, i record, le pole o i giri veloci: chissà quanti ne avrò fatti di primati in gara... Faceva scalpore se magari vincevi tutte le gare di una stagione o una lunga serie di corse consecutive».
Record che non contano, ma che poi un po' tutti guardano. Come lo stesso Agostini, che presentandosi a sorpresa in Germania, una volta, riuscì ad esorcizzare l'attacco ad un suo primato da parte di Mick Doohan. Con una certa soddisfazione.
«Diciamolo: siamo tutti un po' egoisti. Chi vince e chi perde. Non c'è nessun pilota che ammette di essere inferiore ad un altro. Anche chi perde da Valentino pensa di essere più forte di lui. Così come, sicuramente, Rossi si sentirà più forte di me e di Hailwood. Allo stesso modo Mike, quando io riuscii a batterlo, non pensava certo di essere inferiore a me».
Intanto il pesarese continua la sua corsa senza freni verso traguardi apparentemente impossibili. Il prossimo nel mirino, come detto, potrebbe essere Nieto. «Direi che se va avanti così ci metterà davvero poco».
E le sue 122 vittorie o magari i 68 centri nella 500 possono essere a rischio?
«È chiaro che preferirei tenere questi primati, ma alla fine non ci tengo in maniera assoluta. Così come tutti gli altri primati. Ad una cosa davvero non vorrei rinunciare però: ai 15 titoli mondiali».
La spiegazione è piena di umana vanità: giustificabilissima in uno dei grandi delle due ruote.
«Sì, mi dispiacerebbe moltissimo se Valentino dovesse riuscire ad eguagliare o battere quel primato. Perché credo che, se non ci riesce lui, passerà tantissimo tempo prima che qualcuno possa riprovarci. Io a quel punto non ci sarei più e mi rimarrebbe la soddisfazione di non aver visto il sorpasso. Dopo, possono fare quel che vogliono...».
Filippo Falsaperla