dalla gazzetta :-D
Burgess: «Il prossimo obiettivo è Doohan»
La rincorsa ai miti del passato lanciata dal capotecnico del pesarese
«A Valentino mancano 4 vittorie per raggiungere Mick. Potremmo farcela prima della fine dell'anno» «Quando correvo avevo il 76 sulla moto. Come i successi di Vale» «Al Sachsenring è stato bravo a mettere pressione a Gibernau»
La domanda gli è uscita di bocca quando Valentino Rossi stava per affacciarsi sul podio del Sachsenring. «Quante vittorie ha conquistato in 500 e MotoGP?» ha urlato sopra gli applausi dei tifosi Jeremy Burgess, capotecnico di Valentino negli ultimi sei anni. «Cinquanta». «Ah, quattro meno di Doohan. Beh, potremmo anche farcela prima della fine dell'anno» ha sorriso soddisfatto il tecnico australiano. Che prima di Rossi si era preso cura proprio dell'australiano cinque volte consecutive campione del mondo, arrivato a quota 54 successi prima che l'ultimo incidente durante il GP di Spagna 1999 ponesse definitivamente fine alla sua carriera.
Se consideriamo già conclusa la pratica mondiale (certo manca ancora l'ufficialità dell'aritmetica, ma chi sarebbe tanto folle da puntare anche un solo centesimo contro Valentino iridato?) ecco già inquadrato il prossimo obiettivo del sette volte campione del mondo: raggiungere e possibilmente superare nell'arco di questa stagione l'ultimo eroe dell'era motociclistica pre Rossi.
Quello stesso Doohan che ancora durante la scorsa stagione, quando Vale era avviato a vincere il suo quarto titolo consecutivo nella classe regina ma sesto complessivo, rispondeva quasi indignato a chi gli chiedeva come si sentisse a venire superato dal pesarese: «Valentino non mi ha superato, i titoli vinti in 125 e 250 non sono la stessa cosa».
Così Rossi, punto nell'orgoglio (non sarebbe un campione completo se non ne avesse una valigia appresso), non manca di punzecchiare l'australiano ogni qualvolta gli si presenta l'opportunità giusta. Come quando giovedì scorso in Germania, commentava il possibile raggiungimento di Mike Hailwood. «Sono già davanti a gente come Reed, Redman e Doohan, anzi no, visto che per lui quello che ho fatto in 125 e 250 non conta nulla. Comunque sono già contento di quello che sono riuscito a fare fino a questo momento».
Una bugia, questa, perché uno come lui che vanta nel dna il gene del predominio assoluto, della vittoria totale, dell'annichilimento completo dell'avversario, è destinato a non fermarsi mai, a porsi sempre nuovi traguardi, sfide tanto più esaltanti quanto complicate.
E l'attacco a Doohan, in attesa di puntare i 90 successi di Angel Nieto («Sono solo 15, forse ce la faccio» commentava sempre alla vigilia del GP al Sachsenring) rappresenta la prossima puntata della sua avventura a due ruote.
Intanto, la vittoria numero 76 di domenica, a Burgess ha riportato alla mente antichi ricordi. «Il 76 era il numero che avevo io sulla carena della moto quando da ragazzo mi illudevo di potere diventare un vero pilota. Mi fa un certo effetto vedere che adesso Valentino è già arrivato così lontano».
Non è del resto la prima volta che le statistiche di pilota e tecnico si intrecciano quasi magicamente. Basta pensare a quello che accadde il 14 luglio del 2002, quando a Donington Rossi disputò il 100° gran premio della carriera, conquistando la vittoria numero 46 (il suo numero di gara da sempre), che invece per Burgess rappresentò il 100° trionfo in qualità di tecnico. «Quando tutti i numeri devono incastrarsi è sempre un problema. E io sono molto superstizioso» raccontò quel giorno Rossi.
Ovvio, quindi, come nonostante - anzi proprio perché - si corresse su un circuito da lui mai amato, Valentino ci tenesse a fare festa completa.
«Non è stata una vittoria facile, anche se l'errore di Gibernau può avere dato questa impressione - è l'analisi di Burgess -. Soprattutto su questa pista, dove anche un piccolo errore ti fa perdere subito un secondo e mezzo. Valentino però è stato bravo a non mollare mai, per tutta la gara ha fatto sentire la sua pressione e alla fine questo ha pagato».
E adesso? «Adesso tocca a Doohan».
Paolo Ianieri