Eurosport - Marco Congiu
Le gomme, da sempre ottima scusa ma anche asso nella manica di ogni pilota, fanno vincere o perdere. Dal 1976 domina la Michelin, ma negli ultimi tre anni la Bridgestone ha alzato la testa in più di un'occasione.
Quella giusta può regalare mezzo secondo al giro. Sbagliarla significa invece dover fare miracoli di equilibrismo e rassegnarsi alle retrovie. Danno il meglio all'inizio, quando non serve a niente, ma fanno vincere alla fine, quando praticamente non ne è rimasto nulla. E se funzionano troppo bene – chiedere a Valentino Rossi - possono trasformare una moto precisa e pulita in un martello pneumatico che in curva non entra neanche a pregare.
Insomma le gomme, da sempre ottima scusa ma anche asso nella manica di ogni pilota, fanno vincere o perdere. Averle tutte uguali (come in Superbike o come – dal prossimo anno - in Formula Uno) significa togliere una variabile importante alla sfida tra uomini, ma spesso ai piloti non piace.
Dal 1976 nella classe regina del motomondiale dominano le coperture francesi della Michelin.
Negli anni hanno variamente provato a batterle Goodyer, Dunlop e Pirelli, ma sono solo i giapponesi della Bridgestone, entrati in forze 3 anni fa, ad aver seriamente insidiato il Bibendum. 2 vittorie nel 2005, in casa a Motegi e in Malesia, e quest'anno la prima della stagione a Jerez de la Frontera, in Europa.
Michelin serve Honda e Yamaha (con 6 team e 9 moto); Bridgestone risponde con Ducati, Suzuki e Kawasaki per 6 moto in tutto.
L'assistenza è –quasi per tutti- su misura. Nelle gare europee, se Rossi o Pedrosa chiedono un pneumatico con specifiche particolari, a Clermont Ferrand lo costruiscono e lo recapitano all'indomani, pronto per risolvere le qualifiche. Lo stesso fa Bridgestone, nei Gran premi a poche ore dai propri stabilimenti giapponesi. In media l'angolo di piega sull'asciutto è pari a 60°, che scendono a 45 in condizioni da bagnato.
E se sembrano tanti, pensate che per far curvare bolidi da 250 cavalli e 150 kg (pilota escluso) basta una superficie d'appoggio di 100 cm quadrati: più o meno il doppio della grandezza di un bancomat.
La durata di ogni gomma da gara è pari in media a 100 km; quelle da qualifica invece sono usa e getta e non possono percorrere più dei km necessari al lancio e a un solo giro veloce. Su ogni circuito la Michelin porta 1000 coperture (20 per ogni pilota) contro le 1160 (ovvero 24 a testa) del concorrente Bridgestone.
Uno scherzo che va di pari passo con l'impegno delle case motociclistiche e degli sponsor: qui gli investimenti sono top secret, ma si parla di molti milioni di dollari. Che finora hanno portato in parità il mondiale dei gommisti: i giapponesi hanno vinto a Jerez con Capirossi, i francesi a Losail con Rossi.
E siamo solo all'inizio.