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Mr. Beer
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 Oggetto del messaggio: Blenorragia
MessaggioInviato: dom 27 nov, 2005 11:52 am 
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La blenorragia (o blenorrea o gonorrea) è un'infezione dell'apparato uro-genitale causata da un gonococco. È una malattia contagiosa, trasmissibile attraverso i rapporti sessuali.


Indice

* 1 Cause
* 2 Nella donna
o 2.1 Sintomi
* 3 Nell'uomo
o 3.1 Sintomi
* 4 Diffusione nell'organismo attraverso il sistema circolatorio sanguigno
* 5 Diagnosi
* 6 Terapia


Cause

L'agente responsabile della malattia è il "gonococco di Neisser" (Neisseria gonorrhoeae); colpisce prevalentemente l'apparato genitale e urinario.
Le possibilità di contagio nella donna e nell'uomo sono le stesse, ma i sintomi nella donna sono tanto lievi da poter essere trascurati, mentre nell'uomo sono più evidenti, tanto che è molto difficile che possa essere trascurata. Il sintomo principale nell'uomo, il deflusso di materiale purulento dal pene, ha procurato alla malattia la denominazione popolare di "scolo".
Nel neonato, l'infezione può avvenire al momento del parto, nel caso in cui la madre sia portatrice del gonococco, sviluppando un'oftalmite gonococcica.

Attualmente si riscontra un aumento dell'incidenza della malattia.
L'incubazione dura tra i 2 e i 5 giorni.

La denuncia della malattia è obbligatoria.


Nella donna

Le prime sedi di invasione sono l'uretra e il canale cervicale.
Un'altra sede d'infezione sono le ghiandole del Bartolini.

L'infezione può progredire verso l'utero, anche se difficilmente viene colpito, arrivando alle salpingi. Può instaurarsi una peritonite localizzata al bacino (pelviperitonite); l'infezione può cronicizzarsi, occludendo le salpingi, con conseguente rischio di sterilità.


Sintomi

A carico dell'uretra possono comparire lievi bruciori o qualche rara secrezione.
Più evidenti i sintomi a carico dell'utero, dove possono essere avvertite sensazioni di bruciore e di pesantezza, talvolta con dolori alla regione lombare; la manifestazione più rivelatrice è la comparsa di perdite giallo-verdastre.
Quando le ghiandole del Bartolini si infiammano, divengono tumefatte e dolenti. Nel massimo grado d'infezione, gli sbocchi delle ghiandole si occludono, provocando dolori tanto acuti da impedire la possibilità di camminare.
Nell'interessamento alle salpingi, si hanno dolori trafittivi all'addome, con compromissione dello stato di salute generale ed un forte aumento della temperatura.


Nell'uomo

La prima infezione si sviluppa nella fossa navicolare, situata all'interno del canale uretrale.
Se la malattia non viene bloccata, può divenire cronica oppure estendersi alle zone vicine al punto di ingresso.
Le prime zone in cui il gonococco si estende sono il canale uretrale. Risalendo le vie urinarie e genitali, possono essere colpite le ghiandole dell'apparato genitale, più raramente vescica e reni. L'estensione può arrivare a tutto l'organismo.
Le più importanti zone che possono essere colpite sono:

* ghiandole peri-uretrali di Littré
* ghiandole di Cowper
* prostata (prostatite)
* vescicole seminali
* epididimo (epididimite)


Sintomi

Dopo 3 o 4 giorni dal contagio, vengono avvertiti prurito e bruciore al meato urinario, questo si presenta arrossato e leggermente rigonfio. Alla pressione, ma anche spontaneamente, sgorga un liquido purulento di colore giallo-verdastro. L'esame della secrezione al microscopio rivela la presenza del gonococco.
Il bruciore si farà più intenso durante la minzione, assumendo spesso il carattere di dolore.
A questi sintomi, se ne aggiungono alcuni di carattere generale, come stanchezza, malessere, pallore; a volte compare una febbre non elevata. Se la malattia cronicizza, la secrezione si presenta nell'urina come una goccia densa, oppure come filamenti biancastri. Persistono dolori nell'urinare, nel defecare e nel compiere l'atto sessuale. Si ha anche la sensazione di pesantezza nella regione anale. Nel caso siano colpite le ghiandole di Cowper, può essere avvertito un dolore vivo nella parte anteriore dell'ano, il dolore è ancora più acuto nella defecazione.


Diffusione nell'organismo attraverso il sistema circolatorio sanguigno

La blenorragia può diffondersi a tutto l'organismo, seguendo il sistema circolatorio sanguigno.
Il gonococco colpisce le articolazioni, sviluppando una vera e propria artrite. Possono sopraggiungere limitazioni sempre più accentuate nei movimenti (anchilosia).
L'infezione può raggiungere i muscoli, le guaine dei tendini, il cuore, le congiuntive e la pelle. I gonococchi possono arrivare a moltiplicarsi nel sangue stesso, dando origine ad una setticemia.


Diagnosi

La diagnosi si avvale di esami microbiologici, culturali e di laboratorio.


Terapia

Il trattamento deve essere precoce e correttamente eseguito, per prevenire la creazione di portatori sani, che sono i principali responsabili del diffondersi della malattia. La terapia deve essere estesa al partner, anche senza che questi abbia segni clinici della malattia.
La terapia si basa su antibiotici (penicillina, ecc.).
L'uso del profilattico, di preparazione spermicide e del diaframma, possono ridurre i rischi di contagio.


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MessaggioInviato: dom 27 nov, 2005 1:20 pm 
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Motospugna
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meravigliosi..eheh..

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:-D

:D

:roll:

:-o

:noia:


La sindrome del burn-out

Alcuni autori lo identificano con lo stress lavorativo specifico delle helping professions, altri affermano che il burn-out si discosta dallo stress per la depersonalizzazione, cui esso dà luogo, che è caratterizzata da un atteggiamento di indifferenza, malevolenza e di cinismo verso i destinatari della propria attività lavorativa.
Il burn-out può anche essere inteso come una strategia particolare adottata dagli operatori per contrastare la condizione di stress lavorativo determinata da uno squilibrio tra richieste/esigenze lavorative e risorse disponibili. Comunque esso va inteso come un processo multifattoriale che riguarda sia i soggetti che la sfera organizzativa e sociale nella quale operano.
Il concetto di burn-out (alla lettera essere bruciati, esauriti, scoppiati) è stato introdotto per indicare una serie di fenomeni di affaticamento, logoramento e improduttività lavorativa registrati nei lavoratori inseriti in attività professionali a carattere sociale. Questa sindrome è stata osservata per la prima volta negli Stati Uniti in persone che svolgevano diverse professioni d’aiuto: infermieri, medici, insegnanti, assistenti sociali, poliziotti, operatori di ospedali psichiatrici, operatori per l’infanzia.
Attualmente non esiste una definizione universalmente condivisa del termine burn-out. Freudenberger è stato il primo studioso a usare il termine “burn-out” per indicare un complesso di sintomi, quali logoramento, esaurimento e depressione riscontrati in operatori sociali americani.
Successivamente Cherniss con “burn-out syndrome” definiva la risposta individuale ad una situazione lavorativa percepita come stressante e nella quale l’individuo non dispone di risorse e di strategie comportamentali o cognitive adeguate a fronteggiarla.
Secondo Maslach, il burn-out è un insieme di manifestazioni psicologiche e comportamentali che può insorgere in operatori che lavorano a contatto con la gente e che possono essere raggruppate in tre componenti: esaurimento emotivo, depersonalizzazione e ridotta realizzazione personale. L’esaurimento emotivo consiste nel sentimento di essere emotivamente svuotato e annullato dal proprio lavoro, per effetto di un inaridimento emotivo del rapporto con gli altri. La personalizzazione si presenta come un atteggiamento di allontanamento e di rifiuto (risposte comportamentali negative e sgarbate) nei confronti di coloro che richiedono o ricevono la prestazione professionale, il servizio o la cura. La ridotta realizzazione personale riguarda la percezione della propria inadeguatezza al lavoro, la caduta dell'’autostima ed il sentimento di insuccesso nel proprio lavoro.
Il soggetto colpito da burn-out manifesta sintomi aspecifici (irrequietezza, senso di stanchezza ed esaurimento, apatia, nervosismo, insonnia), sintomi somatici (tachicardia, cefalee, nausea, ecc.), sintomi psicologici (depressione, bassa stima di sé, senso di colpa, sensazione di fallimento, rabbia e risentimento, alta resistenza ad andare al lavoro ogni giorno, indifferenza, negativismo, isolamento, sensazione di immobilismo, sospetto e paranoia, rigidità di pensiero e resistenza al cambiamento, difficoltà nelle relazioni con gli utenti, cinismo, atteggiamento colpevolizzante nei confronti degli utenti). Tale situazione di disagio molto spesso induce il soggetto ad abuso di alcool o di farmaci.
Gli effetti negativi del burnout non coinvolgono solo il singolo lavoratore ma anche l’utenza, a cui viene offerto un servizio inadeguato ed un trattamento meno umano.
Dagli studi presenti in letteratura e multifattoriale a determinare il quale concorrono: variabili individuali, fattori socio-ambientali e lavorativi.
Per l’insorgenza del burnout possono avere importanza fattori socio-organizzativi quali le aspettative connesse al ruolo, le relazioni interpersonali, le caratteristiche dell’ambiente di lavoro, l’organizzazione stessa del lavoro.
Inoltre sono state studiate le relazioni tra variabili anagrafiche (sesso, età, stato civile) e insorgenza del burn-out. Tra queste l’età è quella che ha dato luogo a maggiori discussioni tra i diversi autori che si sono occupati dell’argomento. Alcuni sostengono che l’età avanzata costituisca uno dei principali fattori di rischio di burn-out mentre altri ritiene invece che i sintomi di burnout sono più frequenti nei giovani, le cui aspettative sono deluse e stroncate dalla rigidezza delle organizzazioni lavorative.
Tra gli specialisti quelli più a rischio per il burn-out sono quelli che operano nell’ambito della medicina generale, della medicina del lavoro, della psichiatria, della medicina interna e dell’oncologia.
I risultati sembrano quindi indicare una polarizzazione tra “specialità a più alto burn-out”, dove spesso ci si occupa di pazienti cronici, incurabili o morenti, e “specialità a più basso burn-out”, ove i malati hanno prognosi più favorevole.
L’insorgenza della sindrome di burn-out negli operatori sanitari segue generalmente quattro fasi. La prima fase (entusiasmo idealistico) è caratterizzata dalle motivazioni che hanno indotto gli operatori a scegliere un lavoro di tipo assistenziale: ovvero motivazioni consapevoli (migliorare il mondo e se stessi, sicurezza di impiego, svolgere un lavoro meno manuale e di maggiore prestigio) e motivazioni inconsce (desiderio di approfondire la conoscenza di sé e di esercitare una forma di potere o di controllo sugli altri); tali motivazioni sono spesso accompagnate da aspettative di “onnipotenza”, di soluzioni semplici, di successo generalizzato e immediato, di apprezzamento, di miglioramento del proprio status e altre ancora.
Nella seconda fase (stagnazione) l’operatore continua a lavorare ma si accorge che il lavoro non soddisfa del tutto i suoi bisogni. Si passa così da un superinvestimento iniziale a un graduale disimpegno. La fase più critica del burn-out è la terza (frustrazione). Il pensiero dominante dell’operatore è di non essere più in grado di aiutare alcuno, con profonda sensazione di inutilità e di non rispondenza del servizio ai reali bisogni dell’utenza; come fattori di frustrazione aggiuntivi intervengono lo scarso apprezzamento sia da parte dei superiori che da parte degli utenti, nonché la convinzione di una inadeguata formazione per il tipo di lavoro svolto. Il soggetto frustrato può assumere atteggiamenti aggressivi (verso se stesso o verso gli altri) e spesso mette in atto comportamenti di fuga (quali allontanamenti ingiustificati dal reparto, pause prolungate, frequenti assenze per malattia.
Il graduale disimpegno emozionale conseguente alla frustrazione, con passaggio dalla empatia alla apatia, costituisce la quarta fase, durante la quale spesso si assiste a una vera e propria morte professionale.

Prof. Antonello Bellomo
specialista in psichiatria e psichiatria forense
Università di Foggia


Dal sito www.medicigaleno.org


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MessaggioInviato: dom 27 nov, 2005 3:50 pm 
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Lima gomiti
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ICQ: 121921431

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Le informazioni qui riportate hanno solo un fine illustrativo: non sono riferibili né a prescrizioni né a consigli medici - Leggi il disclaimer

L'emorroide è una varice del plesso emorroidario, nel tratto anorettale.

Sono tumefazioni a forma di ampolla o di fuso, con un volume che varia da un pisello ad una nocciola.
Le emorroidi possono essere sintomatiche o essenziali.

Emorroide sintomatica

Si formano quando esiste un ostacolo al deflusso del sangue dalla vena porta, che può essere a livello del fegato (come nella cirrosi epatica) oppure a livello del tronco della porta (come nella piletromboflebite). Gli ostacoli possono essere posti anche da un tumore al retto, da fibromi dell'utero o da malattia cardiache che provocano stasi venosa.

Emorroide essenziale

Sono un fatto patogeno delle vene del plesso emorroidario.
Colpiscono soggetti con età compresa tra i 25 e i 50 anni, con prevalenza per il sesso maschile.

Tipi

Le emorroidi possono essere distinte in:

* interne o di primo grado, non fuoriescono dall'ano, nella sottomucosa del retto
* esterne o di secondo grado, escono all'esterno durante la defecazione per poi rientrare spontaneamente, sono poste al di sotto del muscolo sfintere anale.

In entrambi i casi, le emorroidi appaiono come dei noduli molli, di colore bluastro, che si svuotano se sottoposti a compressione.


Cause

Sono possibili alterazioni delle pareti delle vene per cause acquisite, come nel caso di precedenti flebiti. Inoltre queste vene hanno una certa debolezza congenita, che spiega il carattere ereditario delle emorroidi. La stitichezza cronica può accentuare lo stato patologico delle pareti venose, cosi come la vita sedentaria e lo stare a lungo seduti su un piano non rigido. Anche l'abuso di alcol e di sostanze piccanti, l'eccessiva alimentazione e le gravidanze ripetute possono essere causa di emorroidi.


Sintomi

I sintomi principali sono un senso di peso fastidioso e di bruciore nella zona anale. Può esistere anche prurito molto marcato. Le feci possono essere come verniciate di rosso, oppure, negli istanti che seguono la defecazione, si osserva la fuoriuscita di qualche goccia di sangue.


Complicazioni

La complicazione più frequente è l'emorragia.
Seguono i processi trombo-flebitici, cui le vene dilatate possono andare soggette. I noduli emorroidali diventano turgidi, arrossati, aumentano di volume, divenendo dolentissimi; la defecazione accresce questa sintomatologia dolorosa.
Un'altra complicazione è determinata dall'anemia, che deriva dalle ripetute emorragie. L'anemizzazione che ne consegue, solitamente di lieve entita, in una minima parte di casi può essere tale da richiedere emotrasfusioni.
Frequente è l'associazione tra emorroidi e ragadi anali.
Per le emorroidi interne sussiste anche la possibilità di un prolasso mucoso, delle sole emorroidi o associato a parte del retto, o di uno strozzamento.

Terapia

Il trattamento delle emorroidi può essere sia medico e sia chirurgico.
Il trattamento medico tende a restituire elasticità alle pareti delle vene, facendo ricorso a farmaci. La stipsi deve essere tenuta sotto controllo, mediante blandi lassativi. I disturbi locali possono essere diminuiti con pomate e supposte decongestionanti, anestetiche e/o disinfettanti. Quando la terapia medica non ha successo si ricorre alla terapia chirurgica, con diverse modalità:

* iniezione di sostanze che provocano la sclerosi dei noduli
* crioterapia, eliminazione dei noduli con il freddo
* intervento chirurgico, con escissione dei noduli emorroidali
* legatura elastica delle emorroidi, con la chiusura dei vasi alterati, mediante legatura con piccoli elastici che provocano la sclerosi e la cicatrizzazione.

Norme igieniche e dietetiche

L'osservanza di alcune norme igieniche e dietetiche può dare buoni risultati nel controllo delle emorroidi:

* attività fisica, anche se modesta
* lavaggi con acqua tiepida e steridrolo, almeno due volte al giorno per 15 minuti
* evitare i lavaggi con acqua fredda o molto fredda, il benessere è solo momentaneo, ma il freddo può provocare uno spasmo della muscolatura anale, causando uno strozzamento dei noduli emorroidali
* eliminare dalla dieta i cibi piccanti, le spezie e gli alcolici, aumentando invece le fibre grezze (verdure e vegetali in genere


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 Oggetto del messaggio: Raffreddore allergico
MessaggioInviato: lun 28 nov, 2005 4:34 pm 
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Il raffreddore allergico è un tipo di raffreddore, noto con altri diversi nomi: rinite allergica, raffreddore da fieno, rinite vasomotoria.
È un processo infiammatorio che viene innescato e sostenuto dalla reazione antigene-anticorpo.


Indice

* 1 Sintomi
* 2 Terapia
* 3 Complicazioni
* 4 Voci correlate


Sintomi

La malattia si presenta con starnuti, scolo acquoso dal naso (idrorrea), perdita dell'olfatto (anosmia) e ostruzione nasale (stenosi nasale). A questi sintomi si possono accompagnare anche lacrimazione e arrossamento della congiuntiva, senso di fastidio alla luce (fotofobia), mal di testa, soprattutto alla fronte (cefalea frontale).
I sintomi possono manifestarsi con una ciclicità stagionale oppure manifestarsi durante tutto l'anno; in quest'ultimo caso la malattia è più legata ad allergeni alimentari o all'ambiente di vita e di lavoro.


Terapia

La terapia si basa sull'allontanamento dell'agente responsabile dell'allergia, sul trattamento farmacologico sintomatico e sull'immunoterapia.
I farmaci utilizzato sono gli antistaminici, quindi i decongestionanti locali. I corticosteroidi topici inibiscono la reazione allergica, un caso di rinorrea imponente è bene che il paziente si soffi il naso prima di ricorrere al corticosteroide.
Quando l'allontanamento degli allergeni e la terapia farmacologica non ottengono effetto, si ricorre all'immunoterapia. In casi estremi si può anche provare con la riduzione dei turbinati con laserterapia ambulatoriale.


Complicazioni

In mancanza di terapie adeguate il raffreddore allergico può evolvere in diverse complicanze: otite, sinusite, polipi nasali, deformazioni cranio-facciali, asma bronchiale.


Voci correlate

* Pollinosi


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:-D

andata via la lilli ti rimetti a spammare? :-o

Guarda che glielo dico !!!! :asd:

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Sfascia paracarri

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Infiammazione del testicolo; piuttosto rara, avviene generalmente in associazione con un processo flogistico a carico dell’epididimo (orchi-epididimite).
Come si manifesta e quali sono gli agenti patogeni?
Il paziente affetto da orchite lamenta una tumefazione dolorosa al testicolo, talvolta associata a febbre e sintomi sistemici. Utile alla diagnosi oltre a un’accurata valutazione clinico-anamnestica anche una valutazione ecografica, che può mettere in evidenza la presenza di alterazioni strutturali del testicolo o un versamento di natura infiammatoria negli strati della tunica vaginale (idrocele); in casi selezionati è necessario eseguire esami colturali (emocoltura).
Gli agenti patogeni sono virali (virus della parotite), raramente batterici.
La parotite si complica con coinvolgimento del testicolo (orchite) nell’adulto nel 20% dei casi; in età prepuberale invece l’orchite parotitica è più rara.
Come si trasmette e qual è il trattamento?
La disseminazione ematica è la via principale di infezione e la terapia è sia sintomatica (antinfiammatori e antidolorifici) sia, nel caso della forma batterica, mirata con antibiotici scelti sulla base dell’antibiogramma.
Ci possono essere delle complicanze?
Nel caso dell’orchite virale (parotite) circa il 50% dei testicoli coinvolti va incontro a un certo grado di atrofia; più raramente vi è l’evoluzione verso l’infertilità.
Le orchiti batteriche possono evolvere se non adeguatamente trattate verso la formazione di ascessi e il piocele dello scroto, per le quali è necessario un trattamento chirurgico.

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Sfascia paracarri

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bannato

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in effetti renato potresti aprire un topic "il piccolo veterinario" :bunnygo:


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