johnny27 ha scritto:
Innanzitutto per quanto riguarda l'ambito principale sarebbe da ricondurre allo studio delle strategie caratterizzanti l'industria motociclistica italiana e al suo svilupparsi ed evolversi dal dopoguerra fino ai giorni nostri.
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Mi sbaglieró, ma a pelle direi che nell' industria motociclistica italiana le strategie industriali non siano mai state studiate né adottate fino a pochi anni fa.
La strategia che ha caratterizzato l' industri motociclistica italiana é stata per anni quella dell' immobilismo, del "tiramo a campá", dello "speriamo che da Roma arrivi qualche sovvenzione o leggina ad hoc".
E per anni (dagli inizi degli anni 1960 fino alla fine degli anni 80) l' industria motocliclistica italiana invece che "svilupparsi ed evolversi" ha quasi sempre fatto come il gambero (fatti salvi gli anni a cavallo tra '60 e '70)
Nell' immediato dopoguerra al posto delle strategie c' era la voglia di ricostruire, di ricominciare, l' entusiasmo per nuove sfide e nuovi orizzonti, e la "strategia" era quella ruspante e casereccia del "facciamo e poi vediamo".
Negli anni del post dopoguerra l' industria motociclistica visse anni di prosperitá non per passione per le due ruote, ma per il semplice fatto che pochi avevano i soldi per una 4 ruote, e ci si accontentava di una moto o di una vespa
Ma i tempi cambiano, e i capoccioni delle industrie motociclistiche non seppero fiutare il vento
Sul finire degli anni sessanta, forse perché illusi dai recenti successi commerciali e sportivi, la "strategia" diventó quella del "tiriamo a campa'", che dette origine ad anni di immobilismo e di stagnazione tecnica e commerciale.
Nel frattempo erano sempre piú accessibili all' italiano medio le nuove utilitarie fiat, le 500 e 600, e chi negli anni 50 aveva dovuto prendere acqua e vento per andare al lavoro in vespa non vedeva l' ora di mettersi il tetto di una Fiat sulla testa.
E la moto era ormai vista dalla nuova classe media come una cosa da poveri, o, nel caso delle cosiddette "moto pesanti" (che allora erano quelle con cilindrata tra 250 e 500!) una cosa da ragazzacci scavezzacollo!, roba da film "il ribelle"!
Ma l' industria motoclistica non seppe vedere questo cambiamento dei tempi, e pensó di poter continuare a campare di rendita, la miopia fu tanta che non solo si smise con le corse (che da sempre sono una vera e propria fucina di progresso tecnico e tecnologico) ma si smise anche di migliorare il prodotto commerciale, che in molti casi divenne rapidamente obsoleto
Agli inizi degli anni settanta ci fu, in risposta all' invasione di prodotti giapponesi, un rigurgito di orgoglio, ma anche in tal caso mancó un seppur minimi straccio di strategia, e si agí appena sull' onda dell' entusiasmo individuale di singoli progettisti/amministratori, entusiasmo che peró spesso sbatté il naso con quelli che erano problemi congeniti all' industria italiana, problemi di scarsa produttivitá, di alta conflittualitá aziendale, di bassa qualitá dei materiali e del prodotto finito, di miopia dei dipartimenti commerciali che tarpavano le ali alle idee dei reparti tenici ...
ma il boom duró poco, ed ebbe un repentino riflusso dovuto alla crisi del petrolio e all' impennata dei prezzi dei combustibili.
Gli anni del boom furono anni di entusiasmo e di rinnovata passione per le due ruote, ma servirono piú ad aprire le porte all' invasione giapponese che non a risollevare le sorti dell' industria nostrana.
Il cosiddetto Boom motociclistico di inizio anni settanta finí fin troppo rapidamente, perlomeno dal lato dell' industria italiana, giacché, seppur in anni di vendite stagnanti, i giappi continuarono a progredire, presentando verso la fine degli anni '70/inizio '80 dei prodotti innovativi ed interessanti che preludevano al nuovo boom che si sarebbe verificato negli anni 90...
e in Italia che succedeva in quegli anni post boom, ovvero fine anni settanta/anni80? Poco o nulla dal punto di vista tecnico e commerciale, anche perché, tornando alle strategie, in quegli anni non si studiava un bel nulla.
E le case italiane cominciarono a chiudere, proprio a causa della mancanza di strategie che portava spesso a proporre prodotti a dir poco invendibili, moto che definire brutte sarebbe una gentilezza.
Piccole eccezioni nel triste panorama nazionale furono le iniziative di persone appassionate come i Castiglioni, mentre altri personaggi come De Tomaso affossavano definitivamente gloriosi marchi come Guzzi e Benelli, con il grande aiuto, é ovvio, degli apparati statali, che dove mettevano il dito facevano danno.
Strategie si cominciamo a vedere appena con il nuovo e moderno tipo di gestione manageriale dell' Aprilia, o col nuovo corso Ducati e Piaggio.
Ma questa é storia recente che conoscete meglio di me ....
Cita:
Però mi manca ancora quel quid di materiale su cui possa basare delle idee chiare e ben radicate.
in questo purtroppo non so come aiutarti
P.S.: scusate se alle volte ripeto le stesse cose, ma i miei sono appena pensieri e ricordi e ruota libera