La storia pare scritta da un autore al quale, chiunque sia, invidio la fantasia e il gusto per i colpi di scena. Tre i personaggi all’inizio e tre i personaggi alla fine.
Tre piloti le cui figure sono tratteggiate con la penna fine della grande letteratura di genere e l’epica urgente e ineluttabile delle grandi imprese. Fernando Alonso, il Campione Acquisito, spagnolo dalla mascella volitiva, latino, umorale e, come tutti i campioni veri, mai sazio. L’unico che abbia battuto per due campionati successivi Michael Schumacher, il Supremo. Poi Lewis Hamilton, l’Ultimo Arrivato, un talento cristallino e monello che brilla sulla sua faccia da ragazzino abbronzato dalla natura, il prescelto dal destino e dalla squadra, quello-che-da-oggi-c’è-anche-lui. E bisognerà tenerne conto. E infine Kimi Raikkonen, il Secondo Assoluto, quello che aveva promesso molto e mantenuto poco, quello con la colonia al sospetto profumo di perdente, nonostante gli occhi di ghiaccio che spingono l’interlocutore a pensare che tutto l’uomo in realtà sia fatto dello stesso materiale. Uno che parla poco e che aveva fatto venire il dubbio che non fosse per riservatezza ma che semplicemente avesse poco da dire. Questi i personaggi che all’inizio del Campionato del Mondo 2007, con il rituale dei samurai, hanno indossato una tuta piena di marchi, infilato un casco variamente decorato e stretto le cinture di una macchina con la quale avrebbero affrontato la prima curva e un nuovo capitolo della storia di questo sport.
E ecco che a sorpresa dal cilindro della Formula 1 non esce un coniglietto bianco ma ne esce uno scuro, un giovanotto che rappresenta la novità assoluta in quanto primo pilota di colore che riesce a prendere il via da sotto al semaforo di un Gran Premio. E questo ragazzino di colore fa subito capire che è capace di farne vedere a tutti di tutti i colori. Vince, balza in testa alle classifiche, diventa non solo il rookie dell’anno ma il possibile esordiente di tutti i tempi, quello capace al primo colpo di vincere tutto quello che c’è da vincere. Ha solo ventidue anni d’età ma sembrano ventidue anni d’esperienza. Non sbaglia una curva, una cambiata, una traiettoria: vince e se non vince è lì, sul podio. E a chi sta alzando la coppa del vincitore basta girare la testa per rendersi conto Hamilton che non è un incubo da cui svegliarsi prima o poi ma una realtà con cui confrontarsi. Perché una volta è un caso, due una fortunata coincidenza ma sempre diventa un fiato molto pesante sul collo o nella corsie di sorpasso. E’ il ragazzo delle meraviglie e questo a Alonso non piace. Arrivano i veleni, il sospetto aleggia e avvolge i rapporti personali con le sue spire a sangue freddo, poco per volta li stritola. Forse Hamilton vince perché è favorito dal team, forse Alonso dice questo per giustificare il fatto che del suo compagno di squadra ha visto più il retro della macchina che il muso nello specchietto retrovisore, forse…
Ma non c’è tempo per i mormorii dietro le porte e gli sguardi in tralice e le accuse masticate a mezza voce. Queste sono cose di uomini e l’autore ha già preparato il clamore della piazza, il coup de teatre che sconvolge la trama e che travolge gli esseri umani. Il racconto è contaminato e dallo sport scivola nella spy story, con la McLaren accusata di aver carpito segreti alla Ferrari con un giro di addetti ai lavori a cui manca solo l’imprimatur di Ian Fleming. E’ la pubblica accusa e il pubblico processo, con i suoi corsi e ricorsi e concorsi di colpa, con i suoi sì e i suoi no e con troppi può darsi per avere infine una sentenza del tutto chiara. La giustizia è giustizia e come tale è uguale per tutti: purtroppo è amministrata da uomini i quali non sono per loro natura tutti uguali. Così la Mclaren perde i suoi punti ma non li perdono i suoi piloti, con un metro di giudizio che lascia tuttora perplessi. Ma forse è meglio così, perché Alonso e Hamilton continuano a correre e a vincere a fasi alterne: sembrano loro i predestinati e poco sembrano avere peso le vittorie di Raikkonen e di Massa, che continuano a sembrare più ostinati e molesti che davvero pericolosi. E’ meglio così, perché con questo scenario e questa classifica in continua evoluzione e questi dialoghi a volte incomprensibili si è arrivati a oggi, a questa gara che ha portato in primo piano il colpo di scena padre di tutti i colpi di scena. Non rasenta il miracolo solo perchè questo sport non ne prevede: per uno che vince ci sono tutti gli altri che perdono.
Per uno che azzecca la scelta giusta ci sono tutti gli altri che imbroccano la strada sbagliata. Sono una curva sbagliata, un cambio di gomme non fatto a ricordarci che in definitiva sempre di uomini si tratta anche se infilati in una trama avvincente. Il rosso finale, al contrario dei romanzi gialli, non è quello del sangue. E’ quello della gioia di una squadra e di un pilota che hanno sconvolto il pronostico con tenacia, capacità e talento. Onore alla Ferrari e Raikkonen e al loro valore consegnato al futuro. E ripensandoci, non c’è nessun autore da invidiare. Fortunatamente per noi, questa è una storia vera.
P.S. (ore 23,30) Una storia vera ma infinita. Nella notte il giallista pazzo immagina un ultimo colpo di scena. Il ricorso della Mclaren contro la Bmw. E se le dessero ragione? Hamilton risalirebbe al quinto posto e strapperebbe la bottiglia di champagne dalla bocca di Raikkonen. Ditemi che me lo sono inventato io...
P.S.2 (ore 1,00) Sì, me lo sono inventato.
|