DALLA GAZZA: MILANO, 25 novembre 2005 - L’ultima partita non è riuscita a risolverla con un guizzo dei suoi. Gorge Best si è spento oggi, a 59 anni, dopo un’agonia lunga e crudele. Divorato dai danni dell’alcool in un lettino d’ospedale. Intubato e ridotto ai minimi termini. Come nella foto pubblicata domenica scorsa in copertina dal settimanale inglese “News of the week”, che il leggendario giocatore ha chiesto gli venisse scattata. Un messaggio ai giovani: “Non morite come me. La mia condizione sia da monito per tutti voi”. Consegnata nelle mani dell'agente e amico Phil Hughes. A che serve parlare di partita persa con l'alcool, che gli ha corroso il corpo dall'interno? Al Cromwell Hospital di Londra, alle 13.55 (ora ufficiale del decesso) si è consumata la favola di uno dei più grandi campioni di tutti i tempi, di cui non resta che il ricordo. Era nato a Belfast, George Best. Il 22 maggio 1946. Evidentemente il pallone lo aveva nel sangue. Aveva 15 anni, o giù di lì, quando George segnò due reti in una partita che vedeva come avversari giocatori di tre anni più grandi di lui. Gli osservatori del Manchester United persero la testa e se lo portarono in Inghilterra. Quando nel 1961 varcò le porte dello stadio dello United, in pochi pensarono che in quello scricciolo ci fosse il campione. Tranne il leggendario tecnico del club, Matt Busby; un guru lungimirante che capì tutto del funambolo nordirlandese. Non fu comunque tutto rose e fiori. George dopo un solo giorno in maglietta rossa, in preda al panico e alla nostalgia, intimorito da giganti come Bobby Charlton e Denis Law, prese il primo traghetto e tornò nella sua Belfast. Fu proprio Busby che lo convinse a tornare. Il debutto arrivò a 17 anni contro il West Bromwich. Nel 1965 vinse il campionato, nel 1966 giocò nei quarti di finale di coppa Campioni contro il Benfica di Eusebio, segnando due dei cinque gol del Manchester. Nel 1967 fu l'artefice di un nuovo scudetto. Busby impazziva per lui. Era innamorato dei suoi cambi di passo, di quei dribbling che facevano impazzire gli avversari. Un britannico con la genialità di un sudamericano nelle gambe. Ma con un ritmo più rock nel sangue; "beat" sarebbe il termine ideale. Con i Red Devils giocò dieci anni; disputò 361 partite, segnando 137 reti. Nel 1968 il primo grande trionfo internazionale: la coppa dei Campioni. Nella finale, finita 4-1 contro il Benefica segnò la seconda rete nel primo dei due tempi supplementari. Arbitrava l’italiano Concetto Lo Bello, che rimase estasiato da certe sue giocate. Nella nazionale del suo Paese giocò 37 volte e segnò 9 gol. A 22 anni tocco la vetta. Era l'idolo, la star. Che faceva spettacolo anche per il suo modo di vestirsi; l'anticonformista, l'icona pop del calcio. Anche Pelè rimase abbagliato dalla sua immensa classe, al punto da definirlo nel 1966 "il più grande giocatore del mondo". Quell’imprevedibilità sublime convinse gli addetti ai lavori a consegnargli il Pallone d’Oro nel 1968. Ma il suo eccessivo modo di vivere lo portò inevitabilmente verso il declino. A 28 anni lasciò l'inghilterra per gli Stati Uniti, nel "soccer" nordamericano, con l'intenzione di esplorare i nuovi orizzonti calcistici dei multimilionari Usa. Ma non era più George. Fra bevute, donne splendide, sperperi di denaro. E il carcere. Nel 1984 per offesa a pubblico ufficiale e stato di ubriachezza mentre era alla guida. Provò a fare il commentatore televisivo. Nel 2002 il trapianto di fegato; nell'ottobre scorso il nuovo ricovero in ospedale. George Best se ne è andato. I più sentimentali chiuderanno gli occhi e cercheranno all'Old Trafford di coglierne ancora le serpentine, i gol fulminanti. L'eco dei tifosi, i suoi inimitabili scatti, la chioma al vento. Un giornalista sportivo inglese descrisse magistralmente il fenomeno britannico: "Ci sono due modi per ricordare George Best: il primo vi causerà rabbia, rimorso, dolore per non aver visto questo immenso giocatore esprimere tutto il suo formidabile e inarrivabile talento; la seconda vi porterà gioia, un'incredibile stato di estasi e la privilegiata opportunità di aver potuto ammirare uno dei più grandi artisti sportivi mai apparsi sul pianeta".
da una sua intervista: ... la magior parte dei soldi che ho guadagnato li ho spesi per le donne, l'alcool e le auto veloci, il resto me lo sono sputtanato...
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