La Honda deve fare quello che sta facendo da sempre: costruire moto tali da proclamare la superiorità della macchina sull’uomo.
Non gli interessa un fico secco se vincerà il titolo Pedrosa, Stoner, Melandri o Hayden: basta che sia una Honda. Certo, quando si avrà una gerarchia meglio definita dei valori in campo, farà come ha sempre fatto seguendo un po’di più il pilota più avanti in classifica per cercare di favorirlo da eventuali insidie in classifica da parte di piloti di altre case ma per questa casa il vero obbiettivo è dimostrare sempre e comunque la superiorità del mezzo tecnico.
La storia dell’anonimo pilota giapponese è il loro sogno che da incoscienti speravano di farlo avverare nel 2004 salvo poi prenderla sui denti grazie a Valentino. Ovviamente quell’esperienza traumatica li ha riportati coi piedi per terra ma ripeto, per loro anche il miglior pilota del mondo è solo un mezzo per dimostrare la superiorità della loro tecnologia (non se avete letto sul libro di Valentino come è stato trattato).
Non è che ce l’ho con la Honda, anzi mi sto divertendo da matti a vedere delle gare così equilibrate.
La mia è solo una constatazione del tutto opinabile.
Riassumendo il mio pensiero: la Honda ha sempre avuto la filosofia che ho appena illustrato ma si tratta di una strategia che in un mondo competitivo come la motoGp porta ad una dispersione delle forze facendo rubare punti preziosi tra i piloti della stessa casa. La Honda sa che questo è un difetto insito nella sua stessa filosofia ma giustamente va avanti per dimostrare ciò in cui crede. Yamaha invece ha abbracciato la causa di Valentino e sfrutta il fattore umano per arrivare alla vittoria sapendo forse che contrastare la Honda sul piano puramente tecnologico sia quasi impossibile.
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