Troppa Ducati per Rossi
Stoner, primo trionfo, Vale 2°. Decide la velocità: 314,1 kmh contro 302,4
Dall'inviato
Paolo Scalera
LOSAIL - Ha suonato musica rock Casey 'Rolling' Stoner, in Qatar. Un pezzo forte, dal ritmo serrato e veloce e Valentino Rossi se l'è ascoltato tutto, dall'inizio alla fine perché in 22 giri di gara non c'è stata una sola volta in cui sia riuscito ad allontanare le orecchie dagli scarichi della Ducati dell'australiano. A dir la verità ci ha provato spesso, il Fenomeno, a cambiare spartito. Ma il suoi pezzi di violino solista si sono persi dentro il ruggito Heavy Metal della Desmosedici che sul lungo rettilineo della pista di Losail ha inflitto alla M1 Yamaha una lezione imbarazzante. Se infatti la moto giapponese con Rossi alla guida ha raggiunto la velocità massima di 302,4 Km/h, il missile rosso è sfrecciato a 314,1.
SENZA SCAMPO - Con una premessa così, dunque, Sua Velocità ieri nell'apertura stagionale non ha avuto scampo. E' stato un topolino nelle mani di un gatto, che l'ha lasciato correre liberamente, riprendendolo fra i propri artigli a piacimento. Un gioco crudele che ci ha tenuti incollati alle immagine della gara nell'attesa di un improvviso rovesciamento di fronti: un errore del giovane Stoner, alla sua prima vittoria in MotoGP, dopo due successi in 125 (KTM) e cinque in 250 (Aprilia); oppure un imprevisto ma possibile problema meccanico per la Rossa a due ruote. Non è accaduta né l'una né l'altra cosa: Casey smentendo il suo soprannome che nulla ha a che fare ovviamente con la musica, si è tenuto lontano dalle vie di fuga, nelle quali invece è rimastro intrappolato il suo compagno Capirossi al 7° giro, mentre la Ducati, descritta come una belva assetata di benzina ha concluso tranquillamente la gara con i 21 litri a sua disposizione.
CONTINUITA’ - E' stato dunque un successo perfettamente condiviso fra l'uomo e la sua moto. E non si può fare a meno di ricordare che la Ducati riprende da dove aveva terminato. L'anno scorso, infatti, a salire sul gradino più alto del podio, a Valencia, era stato Troy Bayliss, campione del mondo della Superbike. Un altro australiano. Più che questo, comunque, ad aiutare la casa bolognese è stato l'ottimo comportamento dimostrato dalle Bridgestone che sulla distanza hanno vinto il primo round di una sfida su 18 prove che vede il costruttore giapponese opporsi alla Michelin. La conferma di ciò ce l'ha dato il duello per il terzo posto, vinto da Dani Pedrosa che, perlomeno nelle prime battute della gara, era parso in grado di tenere il ritmo dei due battistrada. Quando qualche piccolo errore di guida ha fatto perdere però allo spagnolo la scia della coppia di testa, il pilota della Honda ha dovuto fare i conti con la Suzuki di John Hopkins, autore di una bellissima prova tenendo conto che rientrava, non certo al cento per cento, dopo una brutta caduta che lo aveva costretto a saltare gli ultimi test Irta di Jerez
EQUILIBRIO - Alla fine, dunque, hanno tagliato per prime il traguardo quattro marche diverse, segno che il cambiamento regolamentare che ha abbassato la cilindrata da 990 ad 800 cc, se non ha rallentato troppo le moto, ha comunque compattato il gruppo. Peccato che nella partita, alla fine, Rossi a parte, non siano entrati gli altri italiani. Di Capirex, subito fuori, abbiamo già detto. Marco Melandri, invece, ha chiuso in quinta posizione - un piazzamento onorevole - ma staccato di oltre 17 secondi. Una vita. Il ravennate ha lamentato la scarsa velocità della sua Honda Satellite, ma la differenza con la RC212V ufficiale di Pedrosa non è stata abissale: 304,3 contro 308,8 Km/h. D'altro canto il campione del mondo, Nicky Hayden, solo ottavo, ha fatto 305,4. Segno questo che le quattro cilindri di Tokyo al momento sono abbastanza plafonate. Ottavo alle spalle anche di Edwards e Vermeulen, Kentucky Kid è stato l'unico, alla fine, a doversi veramente rammaricare dell'esito della sua gara ma, come di consueto, non ha cercato scuse.
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