MISANO - Data storica, quella di ieri: segna la fine di un rapporto che durava da 24 anni tra Honda e Michelin. Come l’acqua che goccia dopo goccia scava la pietra, il clan di Dani Pedrosa, soprattutto il suo manager Alberto Puig è riuscito ad incrinare un rapporto di ferro. Il divorzio non è indolore. Da oggi Dani proverà le Bridgestone e con le gomme giapponesi correrà fino alla fine della stagione e naturalmente anche nella prossima. Lo spagnolo ha dovuto rilasciare una dichiarazione ufficiale che salva la faccia al gommista, ma si capisce che gli avvocati delle due parti si sono arrampicate sugli specchi: «Ringrazio Honda e Michelin per il loro reciproco venirsi incontro e per aver accettato le mie personali richieste. Sono convinto di aver rilasciato dichiarazioni eccessive nei confronti delle gomme Michelin, mentre loro mi hanno aiutato nell’eccezionale avvio di stagione». Bene, la frittata è fatta e da adesso avremo un pilota Bridgestone in più.
A Misano, con Hayden infortunato ad un calcagno che ha dovuto dare forfait sono partiti in diciassette, pochi, pochissimi. Difficile dar spettacolo quando ci sono pochi mezzi spalmati lungo la pista. Difficile non annoiarsi, anche se c’è Rossi che conquista la vittoria numero 700 dell’Italia nel mondiale, che eguaglia il record di Agostini con 68 successi nella top class.
Lo show ne risente in maniera pesante e c’è bisogno di correggere la rotta. C’è Rossi e poco più in questa Moto GP, un aspetto che la Dorna deve per forza tenere sotto controllo, perché il giorno in cui Valentino smetterà ci sarà davvero il crollo di interesse.
E poi c’è un altro aspetto, costoso e inquietante. Da quando esiste la Moto GP 800, tutte le piste di colpo sono diventate pericolose. Spazi di fuga sempre più angusti, barriere e air fence sempre più vicini: tutta colpa delle tremende velocità di percorrenza in curva di queste moto che, grazie alle doti delle gomme e all’elettronica sempre più sofisticata (inclinometri, accelerometri, corner by corner e tutto quello che arriva dalla Formula 1). Fin qui tutto normale: la sicurezza è uno dei grandi punti di forza della Moto GP, perché Ezpeleta, presidente della Dorna sa benissimo che uno sport pericoloso come il motociclismo può interessare sponsor e tv solo se si resta nell’ambito dello spettacolo, senza mai varcare la soglia del dramma. Lo choc di Suzuka 2003, con la morte di Dajiro Kato è stato il colpo di frusta che ha cambiato un mondo. La morte doveva uscire dalle piste. E per ora la Dorna ha avuto ragione.
Ma c’è un altro aspetto importante: l’attuale Moto GP è sbagliata e questo è il lato oscuro della forza, l’altra faccia della Luna. Ci si era accorti nel 2005 e nel 2006 che le mille erano troppo veloci in rettilineo. La Ducati volava a 340 orari, la concorrenza inseguiva poco distante: una situazione potenzialmente pericolosa. Fu chiesto consiglio alle Case e ne venne fuori una cilindrata “bastarda” che ha pochi riscontri nella storia del mondiale e della moto in genere. Gli ingegneri nel definire le varie moto si rivelarono bravissimi. Dopo poche uscite le nuove 800, quelle che dovevano essere le Moto GP “depotenziate” si rivelarono ancor più veloci. Ma non sul dritto, attenzione, ma nel tempo sul giro, quindi il guadagno era in curva, con l’elettronica a modificare le curva di coppia, marcia dopo marcia, curva dopo curva. Il risultato finale, da un punto di vista ingegneristico, sfiora il capolavoro.
Va bene il monogomma, è giusto limitare l’elettronica, ma soprattutto bisogna limitare (per regolamento tecnico, non per legge) i costi. Perché quattordici moto all’arrivo sono davvero uno spettacolo modesto.
M.M.
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