|
DAL NOSTRO INVIATO
JEREZ DE LA FRONTERA - Valentino Rossi, che cos’è quella faccia?
«Sto pensando al derby di Champions».
Parliamone subito, allora.
«Ero a San Siro. Una sofferenza bestiale».
E adesso?
«Da interista, devo ancora sperarci».
Dica la verità: è più facile vincere il Mondiale al primo anno con la Yamaha che eliminare il Milan...
«Mi sa di sì. Il guaio è che dovevamo fare un gol. Adesso come facciamo a farne tre al Milan? E con chi?».
Si offende se le diciamo che il Milan è un po’ come lei?
«In che senso?».
Nel senso che vince prima di entrare in campo. Con la testa.
«Questo è vero, e infatti io stimo molto il Milan e i suoi giocatori. Ma sulla questione testa bisogna precisare: la componente mentale è importante, però da sola non basta. Tu puoi avere una testa fortissima ma se in pista non vai...».
E la testa si allena?
«La forza mentale fa parte del carattere, mica puoi studiarla a tavolino. Uno è forte di testa se riesce a rimanere sereno e divertirsi anche quando le cose non vanno bene, e se riesce a non perdere mai la fiducia in se stesso e nel lavoro di squadra».
Le sue parole chiave: serenità e divertimento. Meno di un mese fa si lamentò proprio di questo: ‘‘non mi diverto’’. Che cosa succedeva?
«La moto portava in giro me e non viceversa. Un bel casino».
Che cosa è cambiato? Ha frustato i giapponesi della Yamaha?
«Diciamo che ho fatto capire alla Yamaha che non siamo ancora a livello della Honda. Io chiedo loro di stare concentrati come sto io e loro lo fanno, perché sono bravi».
Si dice in giro che stavolta sarà un Mondiale più equilibrato dell’anno scorso. Non è un controsenso?
«In effetti il ragionamento normale sarebbe questo: se li ho fregati il primo anno, con la moto nuova, figurarsi adesso».
Non è così?
«Non credo. Il punto è che nel 2004 pochi credevano in me. Tutti dicevano ‘‘tanto non ce la fa’’ e anche dopo il primo Gp a Welkom dicevano ‘‘Va beh, ha vinto una gara, ma non dura’’».
L’hanno sottovalutata.
«Esatto. E quest’anno non vogliono più fare lo stesso errore».
Teme il famoso missile Honda?
«Il missile terra-aria non ce l’hanno, sennò l’avrebbero già tirato fuori. Se la Honda sta andando più forte è perché ha deciso di prendermi sul serio dopo avermi snobbato».
Si dice che alla Honda adesso sarebbero più umani, come chiedeva lei...
«Ah sì? Non lo so. Quello che so è che hanno fatto le scelte giuste: le moto super buone le hanno Gibernau e Biaggi, cioè i migliori, anche se poi, per doveri contrattuali, ce l’ha anche Hayden».
Ecco, Gibernau. Sembra cresciuto.
«Dice? L’ho visto prima e mi sembrava alto uguale...».
E di Biaggi che pensa?
«Andrà forte, è sempre andato forte. I suoi problemi negli ultimi test dipendono dal fatto che Jerez non è mai stata la sua pista».
Outsider in giro?
«Vedo Hayden, che ha un anno in più di esperienza, e Melandri, che è sempre andato forte ma ora è finalmente sereno: gli sono bastati pochi test per dimostrare la differenza che c’è tra Honda e Yamaha».
Può essere lui l’erede di Rossi, quando lei smetterà?
«Perché no? In fondo voi considerate Melandri un veterano perché è una vita che corre. In realtà è giovanissimo».
La ricetta di Valentino per vincere il settimo titolo Mondiale?
«Costanza, e preparare sempre la moto al 100 per cento. Poi puoi vincere o no, ma questo è fondamentale. Non vedo l’ora di scendere in pista per capire qualcosa di più. I test non sono mai credibili al cento per cento».
Rossi confessi: ha ancora voglia di Ferrari adesso che non va neanche a spingerla?
«In effetti, mi ero abituato bene...».
Se fosse nei panni di Schumacher che farebbe?
«Chissà. Il problema è che in Formula 1 devono rimboccarsi le maniche soprattutto i tecnici: contano le gomme, l’aerodinamica, eccetera. Non è che lui da solo possa fare molto».
Non la spaventa questo strapotere della tecnologia? Lei, in fondo, è il più noto sostenitore planetario della ribellione dell’uomo alla macchina...
«Già. E proprio per questo io sono contento di correre in moto. Qui decide ancora il pilota, per fortuna».
E questo non le fa perdere la voglia di F1?
«Io so solo che farò anche il 2006 in moto. Poi, può succedere di tutto. Magari rimango incinto...».
Jury Chechi, un altro fenomeno come lei, nel suo libro ha confessato che dopo la medaglia olimpica di Atene 2004 si è chiesto che cosa poter chiedere in futuro a se stesso dopo un attimo simile. A lei è mai capitato?
«Questo è un rischio serio che corrono tutti gli sportivi di alto livello. Io reagisco cercando di dimenticare quello che ho fatto. Perché, se vediamo la mia carriera, l’apice è stato a Welkom, nella prima gara del 2004...».
Doveva ritirarsi lì.
«Sa che ci ho pensato? Forse se avessi avuto qualche anno in più l’avrei fatto: ho vinto con la moto nuova alla prima gara, ciao a tutti. Ah, sarebbe stato bello! Invece continuo e mi dico: magari ci saranno altre gare con meno contenuti di Welkom ma che mi daranno gusto uguale».
Quest’anno, per esempio, che cosa le darebbe gusto?
«Non farmi fregare!».
Milo Manara farà un fumetto su di lei. Dice che Rossi è un tipo apollineo e dionisiaco insieme. Concorda?
«Sì, è così. Delle volte sono molto, molto razionale. Altre seguo solo l’istinto. In questo senso il motociclismo è lo sport perfetto per me, perché porta ad avere una doppia anima».
Come pilota si sente perfetto?
«No no. Io penso ancora a migliorare. Quando credi di essere perfetto vuol dire che sei finito».
E nella vita quante cose sente di dover migliorare?
«Moltissime. Dovrei essere più organizzato, arrivare in orario... Moltissime, davvero. Ma ci sto provando, ci sto lavorando».
Come ha vissuto la morte del Papa?
«Ho capito che è la persona più importante di tutte. Lui ha fatto tanto per i giovani. Dare un po’ di spettacolo qui in pista sarebbe un bel modo per onorarlo».
Lei che rapporto ha con la fede?
«Sono cattolico, e sono abbastanza religioso. Ma ognuno con la fede ha un suo rapporto personale».
E con la politica? Ha votato?
«Di politica io non parlo, mi spiace».
Al decimo anno di Motomondiale, si sente cambiato?
«Le cose adesso sono molto diverse. Mi sento più stanco: i viaggi, i test, le interviste, voi giornalisti... Però, quando torno in moto tutto svanisce».
Un altro dei famosi paradossi rossiani: il grande comunicatore non ama la vita pubblica.
«Il fatto è che non mi è mai piaciuta la confusione. Finché sono davanti a una telecamera, okay. Ma, dopo, non potere andare in giro, avere gente davanti a casa o davanti al camper qui nel paddock francamente mi pesa».
Il titolo del 2004 fu «Che spettacolo». Per il 2005 che titolo vorrebbe?
«Adesso è presto. Però so che quest’anno mi aspetta un esame molto difficile. Vincere è difficile, ma rivincere lo è ancora di più».
E eliminare il Milan?
«Lasciamo perdere».
Alessandro Pasini
|
Login
FAQ
