IL GRAN RIFIUTO
VALE
Ferrari, no grazie L’amore trionfa
MOTO
Mancava solo il suo annuncio. È arrivato ieri, affidato all’agenzia Ansa, secondo una procedura insolita per il personaggio: «Niente Formula 1, almeno per il momento. Ritengo che il mio lavoro nel motociclismo non sia ancora finito: ho ancora tanti stimoli e continuerò nella MotoGp ancora per un po’». Si chiude così ufficialmente un tormentone che in realtà era già chiuso da un po’. Fin dal primo Gp della stagione a Jerez, infatti, Valentino Rossi aveva manifestato tutta la sua perplessità sul mondo della F1. «Quell’ambiente mi è ostile», ci aveva detto il 23 marzo in Spagna. E aveva aggiunto: «Non c’è una sana rivalità, tutti sono pronti a denigrarmi, a fare commenti negativi». Feeling che non c’era, aria irrespirabile, responsabilità esagerate, pressioni senza senso: erano le cause che a fine 2003 avevano spinto Valentino a lasciare la Honda per la Yamaha. Possibile che - pur guadagnando un sacco di soldi in più - Rossi accettasse di ritrovarsele sulla testa, oltretutto andando a guidare un mezzo che non era il suo?
Perché poi non va dimenticato l’aspetto tecnico. Valentino nei quattro test fatti con la Ferrari era andato bene, aveva stupito meccanici, ingegneri e piloti (qualcuno di questi, certamente, temeva il suo arrivo perché sapeva che li avrebbe smascherati e battuti). Tuttavia aveva scoperto una cosa, anch’essa rivelata quel giorno a Jerez: «La F1 non sta all’automobilismo come la MotoGp sta alle moto: è un’altra cosa. Un mondo virtuale. Noi guidiamo moto supertecnologiche ma comunque uguali a quelle che guida poi la gente in strada. Là è un’altra cosa: uno che è bravo in F1 non è necessariamente bravo a guidare una macchina». Andare bene, insomma, non significa essere felici né emozionarsi né, ovviamente, conservare sul mezzo meccanico quel controllo umano che nelle moto è maggiore (anche se non totale, come dimostrano le sue attuali disavventure con la Yamaha e con la sfortuna). Ecco perché in quei giorni le parole di Rossi erano il segno di una scelta già compiuta: «Io non potrei pensare alla mia vita senza moto».
Così, adesso, la frase «almeno per il momento» contenuta nell’annuncio sembra scritta solo per consolare la Ferrari e chi ci credeva, ammesso che a Maranello considerassero davvero fondamentale l’operazione Rossi. Ferrari a cui Rossi non ha mancato di dire comunque il suo grazie: «È stata una esperienza bellissima sotto il profilo tecnico e soprattutto umano: ho potuto incontrare delle persone splendide. Ringrazio Luca di Montezemolo, Jean Todt e tutta la squadra per la grande opportunità che mi è stata data. Alla Ferrari auguro di raggiungere l’obiettivo che si è data e che coincide con il mio: vincere il Mondiale».
Questa è la vera missione per cui lui è nato. Questa è la sua vocazione. Seguendola - dopo avere forse esagerato nei tira-e-molla e nelle dichiarazioni contraddittorie, ma dopo aver provato comunque, con sincerità, a seguire una sua passione-tentazione come capita a tutti - Valentino regala ancora una volta una piccola, intelligente lezione di vita che dice: ognuno cerchi di fare bene il proprio mestiere e stop. Perché alla fine è meglio essere una leggenda in moto - che è il destino di Rossi da sempre - piuttosto che uno qualunque in auto. Era così semplice che non ci avevamo pensato...
Alessandro Pasini
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